UN GIOVANE A SERVIZIO DI ALTRI GIOVANI

di Gian Maria Daveti*

L’aridità a volte si presenta sotto forma di luci sfarzose che illuminano occhi troppo impegnati a cercare una verità momentanea istantanea,
che si perde in una brezza leggera lasciando ciottoli di banale allegria sulla battigia della nostra anima. Oppure può manifestarsi vestendo i panni di una ribellione schiamazzante che urla verso il cielo e la terra ma rimane rasoterra senza decollare mai, annebbiata da trasgressioni
che incatenano più che liberare facendo sentire molta stanchezza. Fu con questo mantello di percezioni che appena diciottenne ricevetti un
invito particolare, senza nemmeno rendermene conto mi trovai a casa di Simone “un bimbo” come diciamo a Livorno (termine utilizzato per
definire l’età dagli 0 ai 126 anni) che durante la giornata ha bisogno di compiere semplici esercizi di fisioterapia per allungare i propri arti.
Là trovai altri ragazzi e ragazze più o meno della mia età, successori di una buona e sana abitudine ormai trentennale che aveva visto  susseguirsi nei decenni centinaia di giovani che, come uniti in una sacra ruota del bene, si erano passati il testimone.
Quel pomeriggio fu come una boccata d’ossigeno dopo secoli di apnea, mi resi conto che non mi ero mai affacciato a guardare il mirabolante
paesaggio della diversità, ma avevo sempre indossato gli occhiali dell’indifferenza. Sentivo che qualcosa nell’aridità del mio giardino stava
germogliando e come risucchiato da una forza centrifuga mi ritrovai a far parte come volontario della Caritas, nei servizi per l’handicap,
pian piano iniziai a dedicare quasi tutto il mio tempo libero al volontariato e qualcosa nella mia percezione stava cambiando.
Tutta quella rabbia che rivolgevo verso il cielo e la terra si stava trasformando in una intima e profonda quiete che appariva tutte le volte che
ero in mezzo e immerso ai miei amici, non potevo e non riuscivo più categorizzarli con un’etichetta che avevo introiettato, per me erano e sono amici che mi indicano qualcosa di ancora più forte e profondo che per anni avevo prima ignorato e poi maledetto. È tramite queste esperienze che ho iniziato a sentire Dio ed a riutilizzare quel prezioso talento che è la fede, il cambiamento in me è arrivato tramite sorrisi e risate da parte di chi per una visione annebbiata di una società cieca all’amore, pone ai margini ma da quei margini si può vedere l’enorme
vastità di bellezza con cui Dio ci ha creato e quel senso di verità che zoppicanti proviamo sempre a rincorrere. Le mie incoerenze e
contraddizioni purtroppo o per fortuna ancora fanno di parte di me e quella sensazione di aridità a volte soffia nel giardino della mia vita, ma trova sempre piante e fiori profumati di pace che l’accolgono, seminati da quegli amici che Dio ha portato sulla mia strada e che non
finirò mai di ringraziare.