L’educazione è cosa di cuore

L’espressione “L’educazione è cosa di cuore” è sempre stata attribuita a don Bosco, prete torinese del 1800 che ha fatto dell’educazione un mezzo per attrarre i giovani all’oratorio per poi indicargli strade nuove in cui incamminarsi per il bene della società.

Non sappiamo dalle fonti in quale momento don Bosco avesse pronunciato questa frase, ma siamo certi che rimane una sintesi sapienziale sul suo stile educativo che punta direttamente al centro, arrivando al bersaglio della persona. Dovessimo citarla per esteso, la frase suonerebbe in questo modo: “Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne mette in mano le chiavi”.

Si inizia con un ricordo. La nostra bravura ad educare parte non dalla capacità di guardare avanti, fondamentale per chi sta con i giovani, ma dalla nostra capacità di ricordare. Due cose sono importanti quindi: ricordarci del cuore e di Dio.

Questi capi saldi, in campo educativo, manifestano tutta la loro lungimiranza se considerate insieme alle parole di Papa Francesco sul nostro tempo: “ Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca. Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli: il Signore è attivo e all’opera nel mondo.”

In questo “cambiamento di epoca”, il passo avanti è fare memoria, ossia ricordarci che non siamo soli in questa opera di evangelizzazione e che il Signore non vive nell’attesa di ricevere un cuore disponibile ma opera con noi stipulando un “patto educativo”,  meglio ancora un’alleanza educativa.

Potremmo dire quindi che l’educazione del cuore è un lavoro “a due”; il Signore ha le chiavi per accedere ai nostri giovani e a noi viene chiesto  il compito entusiasmante di apprendere l’arte da Lui, “ imparare a girare le chiavi nel cuore dei nostri giovani”. Questo è il primo suggerimento che fa da premessa alle nostre programmazioni, alle nostre intuizioni giovanili e alle tecniche di animazione.

Ora possiamo iniziare a parlare di “cuore”. Lo facciamo con le parole di Papa Francesco, che dice in merito: “Essere giovani, più che un’età è uno stato di cuore” (Esortazione Apostolica Cristus Vivit). Arriva a questa espressione spinto dalla Sacra Scrittura, in cui i giovani si presentano: sinceri come Gedeone, capaci di scoprire la forza del proprio cuore come Davide, audaci come Geremia e in grado di cambiare il proprio cuore come accade nella parabola del padre misericordioso, in cui il giovane figlio fa ritorno a casa del padre.  Il “cuore del giovane” continua Papa Francesco, “deve essere considerato terra sacra, portatore di semi di vita divina e davanti alla quale dobbiamo toglierci i saldali per poterci avvicinare ad approfondire il mistero”.

Il cuore giovanile presentato così da Papa Francesco, si presenta come un dono che richiede dei compiti specifici da eseguire. Possiamo quindi tracciare un cammino di accompagnamento del cuore dei giovani che prende le mosse da un passo del Vangelo di Luca: “L’incontro dei discepoli con Gesù mentre si incamminano verso Emmaus”.

Le tappe sono le seguenti. “Gesù in persona si avvicinò a loro” (Lc 24, 15b) l’importanza del silenzio per ascoltare il battito cardiaco del giovane;  “Disse loro: che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?” (Lc 24, 17) in riferimento al compito di capire “per cosa” batte il loro cuore;  “Alcuni dei nostri sono andati alla tomba …, ma lui non l’hanno visto” (Lc 24,24) l’importanza di “accordare il cuore con gli altri”; ed infine, “furono vicini al villaggio dove erano diretti” (Lc 24,28) la costanza di monitorare le frequenze del cuore dei giovani.

Ascoltare il battito cardiaco:  Il cuore va ascoltato. Il battito cardiaco va udito per capire in quale stato si trova. Ci sono giovani che viaggiano con ritmi accelerati distratti dalle molteplici attività usando il cuore come fosse una “pompa meccanica”. Entriamo nel tema del silenzio e non dell’ascolto anche se affini e collegabili. Potremo dire con decisione che l’educatore può imparare l’arte dell’ascolto solo se precedentemente ha appreso l’arte del silenzio. Il silenzio rende possibile l’ascolto. I giovani in tali circostanze posso essere vicini o lontani, bravi o cattivi, educati o scalmanati, il silenzio ci consente di comprendere da quale punto noi stiamo accanto agli altri e siamo pronti ad accoglierli senza pregiudizio. Potremo dire che mentre il silenzio ci illumina sul nostro modo di accostare i giovani, l’ascolto è il frutto di un silenzio maturo che orienta la vita vero ascolto del giovane.

Capire per cosa batte: Il cuore è stato plasmato affinché potesse battere per qualcuno e non per qualcosa. Per comprendere cosa vuol dire “recuperare” il battito cardiaco donando la giusta frequenza, possiamo usare due termini: eccesso ed eccedenza. La prima parola “eccesso”, è molto evocativa, richiama la nausea tipica dei giovani che si concentrano in un’esperienza, esaurendola e spegnendosi in essa completamente. E’ il caso di un cuore che batte per tutto ciò che lo illude: la droga, il successo facile, la ricerca estenuante delle scorciatoie. Questa strada spinge il giovane ad esperienze forti, purtroppo eccessivamente forti da essere classificate come disumane.

La seconda parola è evocativa per noi cristiani che siamo cercatori di esperienze forti contrassegnate dall’ “eccedenza”. Il termine eccedenza non si spiga con “l’eccesso” ma con “’abbondanza”. Il nostro cuore batte quando il flusso del sangue è abbondante e può spingersi verso esperienze che mettono a confronto con la vita e con la quotidianità, senza scorciatoie e mezze misure. La frase di Pier Giorgio Frassati “vivere e non vivacchiare” è molto più esaustiva di altre spiegazioni.

Accordare il cuore con gli altri: Emmaus è la storia di due discepoli visitati dal Signore, insieme, in cammino e verso una meta. Inoltre i discepoli erano parte di una comunità che tentava di ri-costruire l’annuncio del Risorto. Ogni giovane è portatore di un tassello dell’Annuncio del Signore Risorto. Qui la necessità di battere il cuore dei giovani all’unisono: insieme appunto. Ancora il Papa ci aiuta in questo tema: “molti giovani distratti, volano sulla superficie della vita, addormentati e incapaci di coltivare le relazioni profonde e di entrare nel cuore delle cose” (n°19 Chritus Vivit). Occorre far ricoprire ai giovani il gusto di nutrirsi di relazioni vere e sincere, propedeutiche all’incontro con il Signore della vita. Questa rotta di cammino ci viene suggerita direttamente da loro quando li cogliamo perennemente presi dai social e dai loro smart phone: inseguono così la vita dei compagni, le loro “storie”, si mostrano affamati di ogni segmento della vita degli altri. Proprio qui noi dovremo far scaturire l’annuncio del Vangelo, in continuità con la loro sete di umanità, potremo dire in continuità con la fame e sete di umanità che Gesù ha di noi.

L’ultimo punto fa emergere la nostra fede, la nostra “tenuta sulla strada di Emmaus”: la costanza di monitorare le frequenze del cuore dei giovani. La costanza per un animatore è determinante proprio perché i giovani si stanno affacciando alla vita e hanno bisogno di comprendere che essa è fatta di riferimenti. Approfondendo l’immagine del cuore e di Emmaus potremo dire: l’educatore deve continuare a far battere il cuore dei giovani senza fargli mancare il terreno sotto i suoi piedi. Solo una fede adulta può generare passi adulti nella fede. I ragazzi si sentono smarriti nel cammino se fanno del disorientamento il “leitmotiv” della loro vita: il costante disorientamento. Noi come educatori è chiesto di disattivare la “geoloaclizzazione” facile dei loro movimenti e optare per la prossimità nel quotidiano in possono avere le chiavi per poi leggere la prossimità di Gesù che nel Vangelo sembrava inseguire i poveri, i giovani e gli esclusi.

A conclusione di questo piccolo percorso possiamo rifarci ad una frase di San Francesco di Sales, che ha sempre seguito con passione l’umanità disseminata della sua diocesi che guidò con amorevolezza. “Conquistato il cuore dell’uomo conquistato tutto l’uomo”, in altri termini, conquistato  il “cuore dei giovani conquistato tutto il giovane”. A noi la grande sfida che parte oggi, chiedendoci “dove è il nostro cuore” e “per chi batte”, per poi andare sicuri verso i cuori dei più giovani dove Dio ci attende.

Don Stefano Casu