OLTRE. DOVE TROVA LUCE LA NOSTRA VITA

*di mons. Simone Giusti

C’è una Presenza luminosa, misteriosa che ci accompagna da sempre e un giorno ha fatto irruzione nella nostra esistenza come una cometa, con la sua luce ci ha fatto vedere oltre l’apparenza come per il nostro corpo: ad esempio l’uomo ha un rapporto occasionale con gli atomi del cosmo e del suo corpo, difatti li muta continuamente. È oltre! Appare materia ma è essenzialmente spirito A differenza di una pietra o di una zebra, piange la morte di mamma e gioisce per un sorriso di un bimbo o per degli occhi innamorati su Skype. Questa Presenza da allora illumina e guida.

Illumina l’oltre

L’uomo è vita e lo è per sempre anche nella morte, infatti paradossalmente nella morte il corpo è biologicamente alquanto attivo, vivo. La persona è deceduta ma il corpo morto è tutto pieno di vitalità biologica sia pur degenerativa.

Questa Presenza è rifulsa in modo particolare, nella notte di Betlemme e all’alba della Resurrezione

È una Presenza, una Luce che riscalda e trasforma i cuori e la storia. È la Luce calda dell’Amore, da sempre ci ha accompagnato, dai tempi della prima umanità di “Lucy”. È la Presenza dell’Amore sentito da tutti, sia pure in mezzo a tante ambiguità ed egoismi, come salvante. Sovente per molti, l’unica ragione per vivere. Nell’immensità Siderali, fredde e anonime, c’è chi ci ama, ci pensa e ci incontra nel nostro smarrimento, ieri e oggi. Si fa compagno della nostra sofferenza, anzi trasforma il dolore in dono e la morte in una porta sulla vita: questi è Gesù. Non siamo soli, Gesù ci ama e ci è accanto. Con la luce del suo amore ci fa vedere oltre il buio di questi giorni: uomo non confondere l’indifferente Gaia, il pianeta Terra, con Il Creatore.
Non crederti neppure tu Dio, arbitro del bene e del male, creatura barcollante per un virus invisibile. Abbi coscienza della tua finitudine: alla vita appartiene la nascita e la morte, interrogati su entrambe.

Non banalizzare né disperarsi, c’è un Evento che dà certezza

Gli animali non hanno coscienza della morte. Gli esseri umani, invece, l’hanno sviluppata con lo psichismo riflesso. Ma l’atteggiamento umano di fronte alla morte può essere molto vario: dalla superficialità e banalizzazione allo smarrimento e alla disperazione, due estremi fra i quali si collocano le concezioni che guardano all’oltretomba con timore, misto alla speranza di prolungare in qualche modo l’esistenza.
Gli antropologi che studiano la preistoria ci parlano dell’Homo religiosus, per usare un’espressione cara a Julien Ries, affonda le sue radici nel simbolismo e ha trovato fin dalla preistoria le espressioni più diverse, tra queste i riti funerari che, secondo Ries, costituiscono indizi inconfutabili di una coscienza religiosa. Gli uomini che inumavano i cadaveri credevano in un’esistenza ultraterrena, come attestano le offerte trovate nelle tombe e la cura con cui era protetto il cadavere. Secondo Mircea Eliade, la posizione fetale, presentata da numerosi inumati e il frequente orientamento verso Est potrebbero indicare la speranza di una rinascita. Le più antiche sepolture risalgono
a circa 90–100.000 anni fa. Esse sono state ritrovate in Israele. Come nota Bernard Vandermeersch, il paleo antropologo che le ha studiate, «dal momento in cui gli uomini seppelliscono i loro defunti è come se la morte assumesse per loro un significato nuovo; essa segna per loro la fine della vita, ma non della persona». I documenti sulla religiosità legata alla sopravvivenza si accrescono nel Paleolitico superiore e nel Neolitico quando si ritrovano corredi più ricchi, il frequente uso dell’ocra e l’ornamento di conchiglie. Se l’inumazione, specialmente quando accompagnata da qualche ritualità, documenta in molte culture l’idea della sopravvivenza, non è detto incinerazione del cadavere sia da vedersi come il suo opposto. Presso i popoli indoeuropei troviamo in tempi e culture diverse sia l’inumazione che la cremazione. La
cremazione, in uso attualmente in varie culture dell’Oriente, può conciliarsi con l’idea di sopravvivenza, per la quale potrebbe rappresentare come una purificazione. C’è anche chi la vede come una soluzione pratica per il problema dei cimiteri nelle aree
urbane. Essa non è proibita dalla religione cattolica, se praticata senza un atteggiamento antireligioso o materialista. In ogni caso, occorre vedere quale concezione della morte sostenga sia la pratica della sepoltura sia quella della cremazione. Per il cristiano la fede nella risurrezione resta l’elemento caratterizzante di fronte alla morte.
Non si tratta solo di credere in qualche forma di sopravvivenza, ma di credere in un’esistenza nuova dopo la morte, inaugurata dal grande evento della Risurrezione di Cristo.” 1

1 Liberamente ripreso da un articolo su Avvenire del 3 febbraio 2019, di Fiorenzo Facchin