IL VALORE DELL’ERRARE/ERRORE NELLA FORMAZIONE DEI GIOVANI

*di don Mario Simula

Credi di conoscerti? E’ la più “splendida illusione” della tua vita. Vivi ormai da diversi anni. Forse è venuto il momento per qualche domanda di senso: “Vivo o mi lascio vivere? Vivo intensamente oppure sbarco le giornate come un consumatore ossessivo di ore e di tempo? Sempre stressato anche quando non ho niente da fare?”.
Mai così indaffarato. Mai così annoiato. Scuotiti di dosso il sonno e inizia un’esistenza da sveglio. La vita è oggi, ma devi essere sveglio per accorgertene. Attento a non essere un manovale sfaccendato preso a caso all’angolo della strada. Gli si chiede: “Che cosa sai fare?”. “Un po’ di tutto”. La vita non è “un po’ di tutto”. La vita è tutto. E’ il respiro di ossigeno puro. E’ la lotta. E’ il rischio. E’ anche il limite. Se ci fermiamo davanti allo specchio di noi stessi ci rendiamo conto che non siamo la perfezione. Siamo il limite. Siamo un prodigio con tutti i segni di un inizio e di una fine. La fragilità che maggiormente ci identifica e ci configura è l’errore. Le persone anziane, nella loro saggezza quasi infantile, quando accusavano i peccati dicevano che ad ogni “alzata di occhio” si pecca. Ne erano coscienti. Non cercavano di camuffare dietro una formula generica le loro malefatte. Facevano un’onesta dichiarazione di fragilità. Ogni persona sbaglia e sbaglia molto. A tal punto che esiste un modo di dire: “errare è umano”. Ciò che sconcerta è la negazione dell’errore. Anzi l’indifferenza davanti all’errore. Di più, la giustificazione dell’errore. Dire: “Che male c’é. Tutti fanno così. Non voglio essere preso in giro. Questa è la maggioranza”, è prassi di ogni giorno. Dov’è il problema? Il problema è che non si coglie il valore dell’errore. Che strana contraddizione. L’errore ha un valore? Proprio così.
Dove sta il suo valore? Provo a dirlo in maniera semplice e veritiera. Per capire il valore dell’errore e della tendenza ad errare occorre prenderne coscienza. Se apprendi ad entrare dentro te stesso e inizi a percorrere, prima con paura e poi con maggiore serenità, il tuo labirinto avventuroso e inestricabile, ti accorgerai di chi veramente sei. Io sono un fascio di ricchezze. Ma sono anche un inaffidabile infedele alla vita e
al bene che la vita domanda di coltivare. Tutti i miei errori sono il rovescio di un bene che non ho scelto di vivere. Per disattenzione e per superficialità interiore: meglio non pensarci, meglio non mettersi troppi problemi, meglio non farsi troppe domande, meglio passarci sopra.

Per comodità. Se mi abbandono sul letto della mia camera e fantastico e corro dietro le illusioni, tutta l’esistenza è semplice. Si dimentica soltanto che la vita, inevitabilmente, passa il conto. Quando? Come? Non lo so.
Di una verità sono certo, che non basta dire: “Ci penserò dopo, sempre dopo”, credendo di esorcizzare le conseguenze dell’errore. Ama oggi la verità di te stesso. Forse non hai mai sperimentato la gioiosa sorpresa che prova chi, un giorno, ha il coraggio di dire a se stesso: “Io sono anche questo aspetto egoista di me. Io sono anche questa incoscienza che mi paralizza. Io sono questo soggetto schiavo di tante mode, di bisogni non necessari, di modi di fare e di dire che mi condizionano. Io non sono libero”. Se ti accorgi, inizi ad essere un altro. Inizi a comprendere che hai un ruolo e un compito. Non sei una sanguisuga della vita, dei sacrifici degli altri. Sei un giovane che guarda avanti. Che ha gli occhi sulla faccia. E quegli occhi perdono giorno dopo giorno le squame, per iniziare vedere con profondità e con chiarezza. Ogni giorno azzardo l’avventura di guardare nell’abisso del cuore con verità. Senza autoingannarmi, senza nascondermi per paura o per quieto vivere.
Per restare addormentato. Drogato dal terrore di raccontare la mia vita a me stesso, senza pieghe, senza angoli bui, senza scheletri. Il viaggio doloroso e felice nell’inferno del cuore è guardare in faccia la verità. “Chi riesce a fare quello che mi proponi!”.
Eppure questo deve avvenire. Apri il libro dei giorni vissuti, scorrendo riga dopo riga. Prova a discernere cioè a vagliare, cioè a passare al setaccio la vita monotona fatta di ore e minuti. Ritrova la franchezza dell’animo.

Nell’aldilà ogni uomo appare svelato nella sua realtà più intima e vera, come si è in parte rivelata quando eravamo in vita. Nell’aldilà ognuno è definitivamente se stesso. C’è un particolare che ritorna nella Divina Commedia. Tutti i personaggi che parlano con Dante manifestano una presa di coscienza di se stessi ormai chiarissima. Però immutabile. Ormai soltanto quella, perché è fissata da una condizione nuova e definitiva. Durante la vita ognuno di noi rimane imprigionato dalla mutevole interpretazione di se stesso. Qualche dettaglio rimane sempre e volutamente sfumato, grigio e non comunicato. Corrisponde a quella parte del nostro essere più disdicevole e umiliante.
Occorre scoprire il “valore dell’errore”. Perché l’errore, l’errare hanno un valore. Non devi sotterrarli. Li devi decifrare. Se ne hai il coraggio, devi raccontarli. Michele è un educatore coraggioso di giovani. Conosce i “ragazzi” del suo gruppo. A volte si dispera perché non sa che pesci pigliare. Vorrebbe mollare tutto. Non si sente pronto. Il don gli dice spesso: “Fai quello che puoi!”. Come, con questi giovani vivere
alla giornata? Vivere all’ombra dell’improvvisazione?
Michele ha bisogno di comprendere che il primo passo della formazione dei giovani e dei giovani oggi, è il passo della scoperta, con vergogna forse ma sempre con gioia, della verità, della propria storia. Mi viene da chiedere a Michele se lui ha già iniziato questo percorso. A che punto è arrivato. Se intende percorrerlo con gli altri giovani anche se hanno qualche anno in meno. La barca della crescita viaggia sullo stesso mare che attraversa la barca di chi vuole rimanere fermo. Michele deve crederci. Gli ho proposto un itinerario. Deve leggere
le sottolineature. Poi lavorare con passione.
Gli suggerisco una preghiera.
“Padre, non pentirti di avermi fatto. Padre nostro, non pentirti. Il tuo soffio vitale continua sempre a scorrere nelle mie vene, nelle vene di questi giovani che guardo negli occhi. Non tirarti indietro. Non stracciare il progetto. Continua a sognare su di me. Hai sempre bisogno di me. Senza le mie piccole forze fai poca strada. Senza le preghiere, i lamenti, le bestemmie, persino gli abbandoni, che riesco a collezionare,
di chi saresti Padre?”.