INTELLIGENTI, LIBERI: PERSONE SENZA TABÙ

*di mons. Simone Giusti

A Livorno, città di cui sono Vescovo, sul colle di Montenero accadono fatti singolari, guarigioni, avvenimenti a volte eclatanti. I fatti avvengono da secoli, è incotrovertibile ma quale ne è la loro ragione? Si studiano questi fatti? Questi eventi? Questi fenomeni?
Perché accadono qui e non solo qui? Neppure però si sottopongono ad accurata critica, nemmeno i fatti più grandi che la Chiesa, nei suoi organi massimi, riconosce. Come mai in un tempo in cui ad esempio ogni fenomeno climatico è giustamente studiato anche se difficile da inquadrare con i parametri della scienza ufficiale e si devono trovare o inventare nuove metodologie o paradigmi, questi fatti religiosi neppure sono presi in considerazione dal mondo accademico scientifico e non si approfondiscono? Perché non si cerca di capirne i motivi: c’è a Montenero forse un campo magnetico particolare? La persona umana ha delle sconosciute capacità auto terapeutiche che non conosciamo? Oppure, lo dico sommessamente, c’è la remota possibilità di cogliervi la possibilità che l’uomo non sia solo psiche e soma oppure che vi si possa cogliere l’agire trascendente di Dio, semmai grazie alla Madre?
Si vuole quindi avere l’onestà intellettuale di chiedersi semplicemente perché questi eventi avvengono invece di rimuovere aprioristicamente il fatto senza darne alcuna spiegazione scientifica? Questa è l’indifferenza o censura di cui parlavo! E ogni censura di fatto è intollerabile. Una censura poi che riguarda fatti non tesi, avvenimenti non filosofie, una censura che poi porta a gravi conseguenze: vivere come se la morte fosse signora e padrona ovvero dio. I santi: via alla comprensione del Paradiso Guardando i segni donati dalle persone sante, il Paradiso si manifesta è qui ed ora sulla terra, anche se non ancora pienamente manifestato. In altre parole il Paradiso, in un certo senso, è già qui ed ora ma non ancora manifestato pienamente nel suo splendore incommensurabile e avvolto nel mistero rivelato dal Corpo Glorioso di Cristo.
Diceva don Divo Barsotti, (un grande mistico toscano) che l’unica grande questione dell’escatologia (la teologia delle cose ultime) è la seguente questione: di che natura sarà il nostro corpo risorto? Anche noi non siamo in grado di rispondere a questa domanda ma certo è che anche il corpo risorgerà nell’ultimo giorno e sarà lo stesso corpo che ha vissuto sulla terra, mentre la ipostasi umana dell’anima porterà misteriosamente i segni del corpo umano fino alla Risurrezione dei corpi (della carne) anche se in modo diverso, anche se trasformato ad immagine del Corpo glorioso di Cristo e questa realtà di fede ci sembra abbia una grande importanza per l’evangelizzazione, anche oggi, del mistero della morte, chance o pietra di inciampo per gli intellettuali, di scienza e della tecnologia di oggi. Vale a dire il futuro è già qui e noi ne partecipiamo nella misura in cui accogliamo e viviamo questa verità di fede e di salvezza1.

Maria agisce come persona viva Il mistero di Maria, una di noi che ha vinto sul peccato, è stata assunta in Cielo con il suo corpo ed ora si manifesta all’umanità nel suo corpo glorioso, può aiutarci non poco a penetrare il mistero della vita eterna e con essa del Paradiso. Nelle varie vicende mariane che costellano la storia della Chiesa (le oltre duecento apparizioni di Maria riconosciute dalla Chiesa) è evidente il comportamento della Vergine: agisce come una creatura vivente: guarisce, promette, annuncia, mostra qualcosa, loda, ringrazia, esorta, protegge, preserva da qualcosa, salva, desidera qualcosa, discorre con i/le veggenti, spiega i simboli, consiglia, profetizza, prega, guida, benedice, tranquillizza, agisce, aiuta, rinforza, assicura, libera (dalla carcerazione), introduce al cielo, consola, incoraggia, saluta, opera miracoli, raccomanda la recita del santo Rosario, gioisce, opera prodigi solari (la prima volta a Fatima, 1917), concede la sua intercessione,
offre la comunione, piange amaramente, usa il silenzio come risposta, prega con le veggenti, tocca le piaghe degli infermi, chiama ad alta voce e tanti altri gesti. Queste azioni della Madonna, considerate nel contesto delle apparizioni, sono destinate a “svegliare” gli uomini dal torpore spirituale. Maria reagisce e agisce come una persona viva sotto molteplici aspetti e in diverse situazioni in ogni epoca della storia cristiana e in quasi tutti i luoghi della Terra. La Madre di Dio si lascia vedere dalle categorie di persone più diverse: dai mistici fino ai peccatori più dissoluti e miscredenti, dai poveri e ingenui pastorelli ai sacerdoti e uomini della Chiesa. In quasi tutte le apparizioni, Maria tende a mettere la gente in contatto con lei come persona viva e “realtà vivente” per rendere pienamente partecipe la contemporaneità del mondo al messaggio di salvezza di suo Figlio. La nostra vita oltre la morte?
È svelato in Maria, ella è una di noi, una creatura umana come noi, che ha creduto. La Rivelazione come dicevamo, ci illumina e ci guida autorevolmente e normativamente; il mistero della presenza attiva e visibile di Maria nella storia della Chiesa, ci aiuta al discernimento e alla comprensione per mezzo dello Spirito Santo, della stessa Rivelazione sui misteri ultimi. Per prima cosa c’è da affermare che Ella è una creatura come ciascuno di noi. Come ogni creatura muore, ma non è trattenuta dalla morte e la Rivelazione e la storia ce lo dimostrano. Ella è la beata perché ha creduto, è la donna della fede, è colei che non ha mai peccato, non ha mai tradito, mai fallito nella sua fedeltà a Dio, all’ Amore. Ed ora la vediamo, l’ascoltiamo, la seguiamo. Meditando il mistero della sua presenza in mezzo all’umanità, contempliamo il dispiegarsi dell’agire di Dio nel tempo, nella storia. Ella si manifesta nel pieno della sua esistenza umana, ha tratti maturi e al tempo giovanili, ha un corpo splendente, a volte tale è la sua bellezza da essere indescrivibile, potremmo dire è un corpo glorificato. Si fa riconoscere ai suoi figli che ovviamente non l’avevano mai vista prima. È la Madre di ogni figlio ed ognuno la riconosce come tale. È questa una particolarità di Maria e potrebbe farci rimanere perplessi, non è ella una donna ebrea di Nazareth e quindi perché ha il volto, le sembianze di ogni madre, di ogni continente ed etnia? Ci ricorda S. Paolo: in cielo non ci sarà più né giudeo né pagano, né schiavo né libero, ma saremo tutti uno in Cristo. È lei Maria di Nazareth ad apparire ma come è accaduto per il suo Figlio Risorto con Maria di Magdala e i discepoli di Emmaus, non è subito riconoscibile. La vicenda di Tommaso si replica con i molti increduli delle sue apparizioni i quali come l’apostolo, si arrendono solo all’evidenza del segno divino, spesso talmente evidente come a Lourdes o a Fatima, da cancellare ogni possibile dubbio in tutta la moltitudine presente. È poi una esperienza gioiosa e travolgente alla quale nessuno vuole rinunziare, costi quello che costi. Le difficoltà frapposte, a volte un vero martirio fisico e psichico, non la spengono anzi la rafforzano. È un’esperienza reale, sensibile, impressa
profondamente nell’animo umano, incancellabile, non rimovibile, indimenticabile, il semplice narrarla ad altri coinvolge e convince, tale è la forza della verità che da essa promana. È bello stare con Lei, Maria è una persona amabile, non ci si stanca a stare con lei, il tempo vola, la noia nell’estasi d’amore non esiste. La gioia ti invade e ti sazia a tal punto da illuminare di pace e per sempre, il resto della propria vita. Sono
esperienze di pace, di bellezza, di gioia, potremmo dire un anticipo di Paradiso; esse ci aiutano a intuire cosa sarà il Paradiso, quale sarà la qualità della vita in Paradiso. Se lo stare alcuni momenti con Maria, l’Assunta in Cielo, la risorta, la vivente in eterno, è così travolgente e così capace di trasformare tutta l’esistenza terrena, si comprende quale qualità della vita, quale bellezza, quale gioia sarà la contemplazione di Dio
quando abiteremo nella Gerusalemme Celeste e vedremo faccia a faccia Dio. L’Amore ci sarà svelato in tutta la stupefacente grandiosità e la gioia, la grazia di Dio, sarà la nostra stabile condizione.

1 Liberamente ripreso da un intervento di Padre Germano Marani S. J al Simposio Ecumenico del CEDOMEI del 2012

La storia di Gianluca Firetti

gianlucafiretti_opt*di don Federico Mancusi*
Nella mia ricerca di giovani santi mi sono imbattuto in una frase, che come giovane sacerdote mi ha fortemente incuriosito e colpito in profondità. L’articolo era intitolato: “Sono prete, ma Gian mi ha convertito!”. Un articolo che
racconta l’esperienza del rapporto di un sacerdote con un giovane ventenne perito agrario e calciatore di Cremona Gianluca Firetti, che ha reso la malattia una via per la gioia. Può un sacerdote esser convertito da un ragazzo malato? Accogliamo questa esperienza unica, facendoci aiutare da quel sacerdote, Don Marco.
«L’incontro con lui mi ha fatto solo bene. Le due esperienze, la sua di giovane che soffriva senza disperazione e la mia, di credente che tentava di capire, sono diventate una sola. Davanti alla fede di Gian mi sono sentito più volte microscopico. Lui giovane e saggio, malato con un cuore sano che riusciva ad amare tutti, sbilanciato sugli altri da ripetere, a ciascuno, per ogni piccola attenzione: «Grazie»; Gian era disarmante. Proprio come il Vangelo. Incontrarlo, ascoltarlo, pregare con lui era come sfogliare un “Vangelo aperto”. Le sue parole e le sue mani, quando mi sfioravano, il suo abbraccio Dalla cattedra del suo letto, a casa, insegnava semplicemente col suo esserci, in un silenzio pensieroso e mai triste, con la sua preghiera raccolta, i suoi occhi che “ti leggevano dentro” davanti ai quali, specchio di una vita limpida non potevi presentarti con cortecce, cappotti o maschere difensive. Non puntava il dito, non si lamentava di coloro che non andavano a trovarlo e non invidiava coloro che stavano meglio di lui.

Il miracolo vero è stato comprendere il “perché” di quella condizione così umanamente infelice per lui e per la sua famiglia e leggerla con gli occhi della fede.
Il miracolo vero è stato
comprendere il “perché”
di quella condizione così
umanamente infelice per lui e
per la sua famiglia e leggerla
con gli occhi della fede.

Gian chiedeva conversione in entrata e in uscita. In entrata perché la sua presenza provocava fortemente. In uscita Gian era trasformante. Sofferente, immobile, morfina 24 su 24, a pochi giorni dalla morte sapeva augurare, raccogliendo tutte le sue forze: «Buona domenica». Gioiva per le visite dei suoi amici e diceva a ciascuno: «Mi raccomando, non sprecare la vita, fa il bravo, studia perché io farei cambio e studierei 500 pagine piuttosto di soffrire».
La sua vita era diventata un’offerta, un «sacrificio vivente, santo e gradito a Dio». Non perché Dio volesse la sua sofferenza, ma perché, come aveva detto nell’ultima domenica: «Dio mi ha posto sulle spalle una bella croce… No, è la malattia che è pesante, Dio non c’entra proprio nulla». Invece Dio c’entrava, eccome. Dio entrava e usciva da
ogni poro della sua pelle; era diventato, una fonte di energia e di luce. Per tutti, familiari, amici, preti, volontari, personale dell’ospedale, mondo sportivo, famiglie, giovani e adulti, anziani e malati. La sua casa un piccolo
porto di mare. Quando suonava il campanello: «Avanti», diceva dal divano, «il bar è sempre aperto!».
Condividere è stato il segreto della sua santità. Faceva entrare tutti in lui. Dio, anzitutto. Si apriva, si sentiva trasportato dalla preghiera e dall’amicizia di tanti, anche di chi non conosceva, ma sentiva così vicini, dentro di lui. È
riuscito, da tutti – me per primo – a estrarre il meglio perché lui è diventato il migliore, intuendo il centro e
lo scopo della vita. In fondo come disse a suo fratello Federico, noi siamo fatti per il cielo. Per sempre. Per l’eternità.
Gianluca muore all’ospedale di Cremona il 30 Gennaio 2015, lasciando al mondo una delle più belle testimonianze di fede e di fiducia in Dio. Il miracolo degli ultimi mesi della sua malattia non è stato quello della guarigione. Forse questo sarebbe stato più eclatante. Il miracolo vero è stato comprendere il “perché” di quella condizione così umanamente infelice per lui e per la sua famiglia e leggerla con gli occhi della fede. Gian è cresciuto e ha fatto crescere. Aveva fede e l’ha fatta tornare agli altri. Era uomo di comunione e desiderava che ci si amasse. E lo diceva, lo scriveva su WhatsApp, lo manifestava. A soli vent’anni ha dimostrato che si può essere abitati da Dio e dagli uomini. La sua storia parla annuncia come “croce, dolore, morte” non siano parole d’infinita tristezza, ma le porte della speranza e della vita. Gianluca è vivo, in Cristo e in noi e continua a dirci che l’ultima parola è l’amore.
Grazie per la tua testimonianza e per quello che ora farai dal cielo per tutti gli educatori e i giovani.»