Cosa muove i pellegrini?

Un-gruppo-di-viandanti_fmt*di Abramo Reniero* Vivo lungo il tragitto della via Francigena nel tratto che congiunge Massa e Pietrasanta. E’ il passaggio inevitabile sulla statale Aurelia. Per necessità geografiche determinate dalla conformazione del territorio, il pellegrino è costretto a percorrerlo, nonostante il traffico abbondante di auto e mezzi pesanti. Le alternative, segnalate, lo obbligherebbero a salire sulle colline con la conseguenza di allungare e rendere più faticoso, anche se panoramicamente molto più bello, il percorso.

Bene, da qualche anno ho notato un crescente aumento dei pellegrini. Il fenomeno ha poi assunto dimensioni significative durante l’anno santo appena concluso. Non ho un “contapellegrini” a disposizione, ma ho chiesto informazioni ad un amico sacerdote che, indirettamente, gestisce l’ospitalità ai viandanti nell’ex convento dei frati francescani di Pontremoli e mi ha confermato la tendenza in crescita, con un autentico “boom” di circa 2200 presenze, con pernottamento nella struttura, negli ultimi dieci mesi da gennaio a ottobre di quest’anno.

La Via Francigena, Franchigena, Francisca o Romea, è parte di un fascio di vie, dette anche vie romee, che conducevano dall’Europa occidentale, in particolare dalla Francia, a Roma.
La Via Francigena, Franchigena, Francisca o Romea, è parte di un fascio di vie, dette anche vie romee, che conducevano dall’Europa occidentale, in particolare dalla Francia, a Roma.

Un analogo movimento da anni in aumento viene segnalato anche sul cammino di Santiago de Compostela. Conosco diverse persone che lo hanno percorso, minimo per una settimana; recentemente mi è stato riferito anche di una conoscente, ex moglie di un amico, che mai avrei immaginato, diciamo per sensibilità culturale, sul Cammino.

Il fenomeno, che già mi incuriosiva, ha sollecitato in me ulteriori riflessioni dopo l’esperienza di quest’estate sulla via di San Francesco, dove gli incontri sono stati abbondanti. Chi sono queste persone che si mettono in strada per un viaggio così faticoso? Dove vanno e che cercano? Cosa li spinge? Ne conosco la meta fisica, Roma, ma qual è la meta esistenziale che li chiama e li fa muovere al centro della cristianità? Banalizzando potremmo rispondere: un’esperienza turistica diversa, alternativa. Banalizzando… appunto.
Sono per lo più, almeno quelle che incrocio sulla Francigena, persone adulte over 50 che viaggiano da sole o in due. Qualche anno fa, proprio a Pontremoli, ebbi l’occasione di scambiare due chiacchere con un pellegrino inglese, partito quasi due mesi prima da Canterbury, come il suo conterraneo vescovo Sigerico che circa mille anni prima aveva fatto il medesimo viaggio, dandocene un resoconto cronachistico.
Dunque, cosa li muove? Cosa è successo nella loro testa? Quale voce della coscienza ha smosso un’esistenza quotidiana ad uscire dagli schemi? Le mete – Roma, Assisi, Santiago – ci rispondono: hanno avvertito un bisogno spirituale. Per qualcuno probabilmente molto chiaro e identitario, una esperienza di fede cattolica, magari appena ritrovata, da sancire con un gesto netto oppure l’assolvimento di un voto per una grazia, quale-che-sia, ricevuta. Per altri e forse per i più, un bisogno ancora indistinto di Dio e quindi la scelta del cammino verso mete ben definite dalla loro storia secolare, quelle di un nascosto retaggio religioso cristiano che ancora rimane come sostrato in una società secolarizzata o, comunque sia, avvertite come piene di energie spirituali.

Approfondimento CAMMIN FACENDO A guardare i pellegrini moderni viene in mente la pastorale francese dei “revenantes”, l’esperienza di ricondurre alla fede quanti, da anni, se ne erano allontanati, oppure le tante persone che hai incontrato e che hanno percorso un cammino di conversione. A quel punto scatta anche un’altra domanda: ma non è che ai miei ragazzi sto facendo proposte di fede al ribasso? Non è che per caso sto offrendo un mezzo bicchiere d’acqua a chi invece sente fiumi di acqua viva scaturire dal suo seno? Non è che forse ci vuole qualcosa di più ampio, di più forte, di più caratterizzante per aiutare a crescere nella fede? Sono in grado, io, animatore, di intercettare le emergenze dello Spirito?
CAMMIN FACENDO
A guardare i pellegrini moderni viene in mente la pastorale francese dei “revenantes”, l’esperienza di ricondurre alla fede quanti, da anni, se ne erano allontanati, oppure le tante persone che hai incontrato e che hanno percorso un cammino di conversione. A quel punto scatta anche un’altra domanda: ma non è che ai miei ragazzi sto facendo proposte di fede al ribasso?
Non è che per caso sto offrendo un mezzo bicchiere d’acqua a chi invece sente fiumi di acqua viva scaturire dal suo seno? Non è che forse ci vuole qualcosa di più ampio, di più forte, di più caratterizzante per aiutare a crescere nella fede?
Sono in grado, io, animatore, di intercettare le emergenze dello Spirito?

Allora, tu che sei genericamente un operatore pastorale della parrocchia o membro di qualche movimento, ti domandi se sai intercettare questo bisogno, se sai leggere i fenomeni sociali e le emergenze dello Spirito. Ti viene in mente la pastorale francese dei revenantes – l’esperienza di ricondurre alla fede quanti da anni se ne erano allontanati – o il cammino di conversione di persone che hai conosciuto e ti domandi: ma non è che sto facendo proposte di fede al ribasso? Non è che per caso sto offrendo un mezzo bicchiere d’acqua a chi invece sente fiumi di acqua viva scaturire dal suo seno?

Sulle orme di San Francesco

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*di Abramo Reniero*
Come è noto, il cammino è metafora della vita e il pellegrinaggio rappresenta in forma ancora più particolare l’esistenza dell’uomo. Il rischio insito nel cammino, come d’altronde nella vita, è quello di perdersi e di ripercorrere passi già fatti e ritrovarsi in una sorta di labirinto. Non così se invece si ha una meta che orienta e dà senso al Continua a leggere “Sulle orme di San Francesco”