Agesci: dove si cresce nella fede

IMG-20160525-WA0005L’esperienza scout prevede già un’educazione alla fede

Proprio nei giorni in cui gli scout di tutta Italia sono stati accolti in Piazza San Pietro per ascoltare le parole di Papa Francesco, è arrivata la comunicazione da parte del vescovo Giusti e del Consiglio presbiterale, del riconoscimento dato all’AGESCI della zona livornese come luogo dove si compie, in comunione con la Chiesa locale, il cammino di iniziazione cristiana, con tutte le tappe sacramentali previste.

Don Francesco Fiordaliso, nato e cresciuto nella diocesi di Livorno, oggi parroco di una delle chiese più a Sud della città, dal 1991 è l’assistente ecclesiastico di uno dei gruppi scout cittadini e tre anni fa è stato nominato responsabile per tutta la zona. Lui non è nato scout, ma dello scoutismo, col tempo, si è proprio innamorato, ci racconta.
Prendendo spunto dal riconoscimento che il vescovo Giusti e il Consiglio presbiterale hanno dato all’AGESCI della zona come luogo dove si compie, in comunione con la Chiesa locale, il cammino di iniziazione cristiana, con tutte le tappe sacramentali previste ci ha raccontato la sua esperienza e quella dello scoutismo livornese.
«L’opportunità di inserire nel cammino scout la formazione sacramentale era in fase di valutazione da diversi anni in diocesi. Insieme ad un altro giovane sacerdote ci eravamo occupati di studiare il progetto e poi, dopo essere stato sottoposto al Consiglio presbiterale, è stato approvato».
scout2 ScoutIl cammino educativo dello scoutismo AGESCI si propone già di per sé di formare la persona a fare scelte mature per diventare un buon cittadino e cristiano, “uomo e donna della partenza” come si dice nel mondo del fazzolettone.
«Il nostro compito è quello di mettere ogni ragazzo e ragazza nelle condizioni di fare queste scelte. Alla base c’è sempre l’educazione alla fede. E inserire la formazione ai sacramenti è proprio la conseguenza.»
Le tappe scout ripercorrono quelle della vita cristiana: quando il bambino entra nel branco a 8 anni e fa la prima esperienza di accoglienza gli viene chiesto, nel caso ancora non lo avesse fatto, se voglia ricevere il battesimo. Alla fine del primo anno, tutti coloro che avranno espresso questa volontà vivranno la loro nuova vita nella comunità che li accoglie.
IMG-20160525-WA0006«Il secondo anno nel branco, è il cammino che porta a prendere coscienza del sacramento della riconciliazione. Al termine del terzo, all’età di 11 anni, i bambini che hanno deciso di proseguire, ricevono la prima comunione.»
A questo punto avviene il passaggio nel reparto dove ogni ragazzo seguirà un percorso personale che passa per tre tappe: la scoperta, la competenza e la responsabilità. Raggiunta l’ultima, gli verrà riconosciuta la coscienza di essere responsabile verso i più piccoli e ciò che succede intorno a lui in modo attivo. «Questo segna anche il momento della cresima.»
Teoricamente i ragazzi che intraprendono il cammino verso i sacramenti non dovrebbero avere un cammino differenziato perchè già nell’esperienza scout si educa alla fede, ma come gruppo, quello della zona di Livorno ha deciso di programmare momenti specifici per approfondire il significato del sacramento che i ragazzi andranno a ricevere. Per gli educatori si affianca alla formazione canonica, una serie di incontri specifici per poter acquisire competenze più particolari sulla vita cristiana. Questi momenti vengono pensati e vissuti insieme a tutta la zona e fanno capo ad un responsabile e agli assistenti ecclesiastici dei diversi gruppi. «In ogni caso, non esiste una regola, ogni gruppo può decidere o meno se intraprendere il cammino di iniziazione cristiana».
Livorno-10Quello che cambia rispetto al tradizionale catechismo in parrocchia è il diverso approccio,  spiega don Francesco: «L’educazione alla fede in AGESCI, applica le linee fondamentali della chiesa italiana con una catechesi che da sacramentale diventa una catechesi per la vita, vissuta in modo esperienziale. E forse è proprio questo aspetto che fa sì che dopo la cresima siano pochi i ragazzi che lasciano il gruppo, cosa che nelle parrocchie succede più spesso».

Che questo possa scollegare i ragazzi dalle proprie comunità parrocchiali? «La scelta nasce proprio dalla possibilità di proporre un cammino unico, vissuto all’interno del gruppo. È nell’associazione che i ragazzi fanno esperienza di chiesa, mentre la loro comunità parrocchiale la sentiranno comunque visto che ogni gruppo è inserito in una parrocchia della diocesi. Alla fine del loro percorso sarà una loro scelta quella di decidere se continuare a vivere la vita di chiesa nel gruppo o nella parrocchia di appartenenza».

Giulia Sarti

 

don francesco e scoutLa fede come esperienza di vita
di Maria-Chiara Michelini

«L’educazione è, perciò, un processo di vita e non una preparazione a un vivere futuro. […] Quell’educazione che non si compie per mezzo di forme di vita, forme che vale la pena di vivere per loro stesse, è sempre un inadeguato sostituto della realtà genuina e tende a impastoiare e a intorpidire. […] Compito dell’insegnante è semplicemente quello di determinare, sulla scorta di un’esperienza più grande e di una più matura saggezza, come la disciplina della vita dovrà giungere al ragazzo.»

Abbiamo deciso di iniziare questo articolo con la citazione di parole di un grande pedagogista (che sveleremo a breve), il quale esprime concetti di grande ampiezza, modernità e aderenza al tema sollevato dall’intervista su l’AGESCI livornese come luogo dove si compie, in comunione con la Chiesa locale, il cammino di iniziazione cristiana, con tutte le tappe sacramentali previste.

Il senso della decisione della chiesa livornese da un punto di vista pedagogico, infatti, è riconducibile al concetto di esperienza autenticamente educativa, come inserimento in un processo di vita reale. Lo scoutismo rappresenta una tipica proposta di formazione alla fede cristiana attraverso un’esperienza concreta, con caratteristiche specifiche e riconoscibili, ben note alla comunità ecclesiale e civile. Chi entra negli scout viene educato alla fede attraverso un itinerario di vita comunitaria, adeguato all’età dei partecipanti, secondo una progressione di tappe precise. La proposta di fede passa attraverso un’esperienza concreta, non tanto o non solo, attraverso  comunicazione verbale e trasmissione teorica, forme queste ultime che il nostro autore misterioso considera inadeguati sostituti della realtà genuina che tendono a impastoiare e a intorpidire, richiamando in noi l’immagine di sguardi spenti e sbadigli prolungati di ragazzi che ascoltano dotte lezioni.

GBindi_Centenario_Lupettismo_Zona_Livorno_0000La catechesi svolta nel contesto a cui facciamo riferimento, è esperienziale, nel vero senso della parola, trattandosi non solo di un metodo in cui i ragazzi fanno attivamente qualcosa, ma di un’esperienza di vita a tutto tondo, che trova il suo senso e la sua spiegazione nelle fede cristiana. Ciò che i gruppi scout fanno ha un valore per sé stesso, non solo in vista della vita futura. La catechesi, infatti, non dovrebbe solo essere preparazione, ma vita vissuta alla luce del vangelo, che vale per il momento presente, non solo per quello che verrà.

La scelta della chiesa livornese è in sintonia con questa concezione di esperienza e di esperienza di fede, pertanto, da un punto di vista pedagogico è perfettamente in linea anche con l’istanza dell’autenticità dei percorsi di preparazione immediata ai sacramenti.
Veniamo ora al compito dell’insegnante che noi interpreteremo nel senso del catechista educatore, animatore o guida, che dir si voglia. La sua missione è quella di decidere come la disciplina della vita dovrà giungere al ragazzo, cioè di organizzare l’esperienza come immersione nella vita di fede. Don Francesco Fiordaliso, spiegando l’articolazione della proposta scout, descrive le scelte fatte in questo senso, interpretando i sacramenti come segni delle tappe previste.

papaTutto questo esige la scorta di un’esperienza più grande e una più matura saggezza da parte degli adulti che organizzano il cammino di fede. Esperienza e saggezza che vanno coltivati e aumentati, progressivamente, in quanto non sono semplice portato della maggiore età vissuta, ma, soprattutto del maggiore profondità e autenticità ricercate come comunità educante.

É arrivato il momento di svelare il misterioso autore della citazione. Si tratta del grande pedagogista John Dewey, padre dell’attivismo pedagogico. Le parole menzionale sono tratte da Il mio Credo pedagogico, pubblicato originariamente nel 1897. La data fa pensare, se possibile, ancora di più alla modernità della sua affermazione. Egli conclude Il mio Credo pedagogico con un’espressione che vorremmo interpretare come buon augurio per tutti quelli che faticano nel cercare di proporre vere esperienze di fede alle giovani generazioni: «In tal modo l’insegnante è sempre il profeta del Dio vero e l’annunciatore del vero regno di Dio.»

giugno 2016