Tutti pazzi per Strangers Things

wp1839580_opt*di Luca Paolini* Strangers Things è sicuramente la serie cult del momento almeno tra gli adolescenti. E’ stata da poco pubblicata su Netflix la seconda stagione nella quale la storia di “Undici” e dei suoi amici prosegue tenendo alta la tensione fino alla fine delle puntate. Ma di cosa si tratta e perché parlarne in una rivista di educatori. Per prima cosa il fatto stesso che tutti o quasi gli adolescenti la guardino ci impone quantomeno di sapere di che cosa parli e a grandi linee conoscerne i pregi e i difetti. La serie vietata ai minori di 14 anni per la forza di alcune scene, si svolge negli anni ’80 in un paesino fittizio dell’Indiana, Hawkins, dove un ragazzino scompare e al suo posto compare invece una ragazzina più o meno coetanea che possiede poteri extrasensoriali, muove gli oggetti, entra in contatto con le persone a distanza. La ragazzina si chiama, o meglio viene chiamata “Undici” dal numero che ha tatuato su un braccio: si viene in seguito a sapere che da piccola era stata sottoposta ad esperimenti scientifici che hanno sviluppato i suoi attuali poteri. Il numero tatuato sul braccio ci riporta però alla mente i campi di concentramento nazisti e gli esperimenti che il dott. Mengele portava avanti sui bambini alla ricerca di una purezza della razza. I poteri di Undici frutto di questi esperimenti, finiscono accidentalmente per aprire un portale per il “sottosopra” che gli sceneggiatori avevano chiamato in origine “inferno”, dal quale nelle due stagioni escono di volta

Gli amici lottano per aiutarsi a vicenda
Gli amici lottano per
aiutarsi a vicenda

in volta creature spaventose. I cinque amici che nella seconda stagione diventano 6 in nome di una amicizia che emerge con forza in tutte e due le serie, lottano per aiutarsi a vicenda e sconfiggere queste creature. Ma perché questa serie è diventata così presto un successo planetario, tanto che Netflix le ha anche dedicato un “Oltre Strangers Things”, una serie di puntate dove i giovani attori vengono intervistati e accompagnano così la lettura dei telefilm? Il successo è dovuto ad un mix di fattori sicuramente, innanzitutto l’alone di mistero che accompagna entrambe le stagioni, il clima quasi da horror anche se si horror non si tratta perché le scene sono molto edulcorate, forse per renderlo proprio adatto ad un pubblico di adolescenti. Ma la forza di questa serie sta forse nel legame che si instaura tra i giovani protagonisti come dice uno di loro nella prima stagione:

Un amico è qualcuno per cui faresti tutto, gli presti le cose fighe che hai, tipo fumetti e figurine. E mantiene sempre le promesse. Soprattutto se fatte con lo sputo. Una promessa con lo sputo significa che non tradisci mai la parola data. È un vincolo.

 

E ancora di fronte ai fatti sconvolgenti che accadono loro: Se stiamo diventando pazzi, allora diventiamo pazzi insieme.

landscape-1486986380-s_optLo si capisce bene anche nella seconda stagione che ha come refrain la frase “Gli amici non mentono”, che di tanto in tanto ricorda ai telespettatori che l’amicizia non è fatta di bugie e sotterfugi anche se spesso questo avviene a minare la solidità dei loro rapporti. Ma che cosa emerge inoltre da questa serie e che fa molto pensare: l’assenza della famiglia. A parte la mamma di Will che lotta per riavere suo figlio libero dal potere del “sottosopra”, il resto delle famiglie risultano assenti, prese dalle loro manie quotidiane (i gatti, le cure di bellezza ecc…) se non addirittura violente. La famiglia non esiste e forse gli sceneggiatori hanno voluto di proposito lasciare questi ragazzi soli alle prese con un mondo che gli adulti non conosceranno mai, proprio per fare presa su un pubblico giovanile. La forza che sprigiona dalla serie e fa breccia nel mondo degli adolescenti è dunque la solidarietà tra pari, in un momento della vita in cui cominciano i primi problemi in famiglia, quando si sente che gli amici cominciano a diventare qualcosa di fondamentale, specie appunto se la famiglia alle proprie spalle non esiste. Un argomento sul quale si può riflettere anche con i ragazzi nei gruppi e che forse proprio partendo da questa serie così vicina a loro può suscitare dibattiti e interrogativi importanti per la loro crescita umana anche spirituale.

LA FORZA STA CON IL GRUPPO
Una serie tra horror, misteri e legami tra adolescenti che tiene con gli occhi incollati agli schermi televisivi i nostri ragazzi. Una serie dove gli adulti praticamente non ci sono e il gruppo degli amici diventa il luogo più importante per gli affetti e la crescita personale. Tanti argomenti da poter trattare e su cui riflettere.

gennaio 2018

 

 

 

 

 

 

A.D. La Bibbia continua. La nascita della Chiesa in una serie avvincente

A_D_La-Bibbia-continua_opt*di Luca Paolini* La particolarità di questa serie, a differenza delle fiction italiane, è quella di catturare subito l’attenzione dei ragazzi, abituati ormai alla suspense e alle trame avvincenti. La fine di ogni episodio lascia sempre la porta aperta al nuovo,
cosicché è facile che i ragazzi si appassionino alla sua visione. Le ambientazioni sono molto realistiche, le musiche incalzanti, Gerusalemme ricostruita alla perfezione in 3D, l’Angelo che rotola la pietra del sepolcro e libera Pietro e Giovanni dalla prigione
somiglia molto ai personaggi dei film Marvel. Ma al di là degli effetti speciali e della scenografia, la serie TV è ricca di spunti di riflessione per i ragazzi, perché mostra da una parte la debolezza degli Apostoli ma dall’altra la loro
grande fede di fronte alle difficoltà alle persecuzioni e alla morte. Ogni tanto vengono citate dai vari personaggi alcune profezie dell’Antico Testamento (es: Isaia 53,9; Deuteronomio 21,22-23) che possono essere riprese, spiegate, corrette se necessario e utilizzate per una discussione di gruppo.
Chiaramente le libere interpretazioni dello sceneggiatore, specialmente quello che riguarda la storia di Pilato, del Sommo Sacerdote e degli imperatori con le loro improbabili visite in Palestina, sono molte, ma per il
resto la serie rimane abbastanza fedele al testo degli Atti degli Apostoli. In particolare vengono delineate le vicende di Pietro, Stefano, Filippo in Samaria e Paolo. La conversione di Paolo è ben rappresentata, dal furore cieco di
distruzione del cristianesimo fino alle cecità dovuta all’incontro con Cristo sulla via di Damasco. Consapevole della sofferenza alla quale andrà incontro nella missione, Paolo decide comunque di seguire Gesù: “Sai, (è Paolo che parla con Pietro n.d.r.) quando Anania è venuto a casa mia, mi ha detto che lo aveva inviato Gesù. Aveva detto ad Anania che avrei sofferto… Che avrei sofferto per il suo nome. Non mi perdonerò mai per quel che ho fatto, ma ho paura…

Anche le profezie citate dai personaggi possono essere spunto di riflessione
Anche le profezie
citate dai personaggi
possono essere spunto
di riflessione

Ho così paura che il dolore che sento adesso è nulla in confronto a quello che verrà.
Sarebbe più facile scappare, ma non posso farlo”. Ne emerge un quadro di una comunità provata dalla persecuzione
si, ma animata dalla forza dello Spirito a compiere scelte radicali in nome di Gesù e del Vangelo. Se pensiamo ad una generazione, come quella dei nostri giovani, liquida, incapace di scelte definitive per la propria vita, e che spesso relega la fede in un piccolo angolo della propria esistenza, si capisce allora come la testimonianza dei primi cristiani
possa costituire un esempio per i ragazzi sia di amore fraterno, ma anche di passione nell’annuncio del Vangelo. Sono molto belle le scene nelle quali gli Apostoli si fanno vicini alla sofferenza e come Gesù prima di loro, si chinano
sulle ferite dell’uomo per sanarle. Anche la scena del capro espiatorio sul quale venivano caricati tutti i peccati compiuti durante l’anno, ci da modo di spiegare che Gesù prende il posto del Tempio e dei suoi riti e si carica di
tutti i peccati dell’umanità, anche dei non giudei. La serie termina infatti con la decisione di Pietro di battezzare Cornelio, il centurione romano che aveva ricevuto la visita dell’Angelo, evento che fa da preludio al distacco del Cristianesimo dall’Ebraismo e all’apertura della missione ai Gentili. La scena finale dell’ultima puntata rimane sospesa e lascia intendere che molto probabilmente la serie avrà una seconda stagione che, visto il successo della prima, speriamo arrivi presto.

UN ESEMPIO CHE VIENE DAL PASSATO
I personaggi di questa serie tv, provati dalle persecuzioni e animati da scelte forti, possono rappresentare un ottimo esempio per i ragazzi della nostra epoca così liquida e precaria. Sarebbe significativo parlarne insieme, prendere spunto da alcune scene e da alcune citazioni per animare un dibattito… magari in attesa che producano la seconda stagione della serie.

A.D. La Bibbia continua, è certamente una serie TV che può venirci in aiuto nei tempi di Pasqua, di Pentecoste e in genere quando vogliamo trattare nei nostri gruppi giovani, l’argomento dell’essere e del fare “comunità”. E’ una serie americana di 12 episodi uscita nel 2015 e doppiata anche in italiano (consiglio comunque la visione della serie originale con i sottotitoli). Inizia con il processo a Gesù la sera di giovedi e termina con la conversione di Cornelio il Centurione.
A.D. La Bibbia continua, è certamente
una serie TV che può
venirci in aiuto nei tempi di Pasqua,
di Pentecoste e in genere
quando vogliamo trattare nei
nostri gruppi giovani, l’argomento
dell’essere e del fare “comunità”.
E’ una serie americana di
12 episodi uscita nel 2015 e doppiata
anche in italiano (consiglio
comunque la visione della serie
originale con i sottotitoli). Inizia
con il processo a Gesù la sera di
giovedi e termina con la conversione
di Cornelio il Centurione.

Westworld – Dove tutto è concesso

Westworld-banner_opt*di Luca Paolini*
“Westworld – Dove tutto è concesso” è la nuova serie TV lanciata in autunno dalla statunitense HBO, la stessa che ha prodotto il popolarissimo “Trono di Spade”, e che forse ci accompagnerà con diverse stagioni fino al 2020. È una serie sulla quale è stato investito molto in termini anche di attori, un magistrale Anthony Hopkins è infatti il personaggio chiave di tutta la narrazione. La storia in realtà non è altro che un remake di un vecchio film di fantascienza uscito nel 1973 dal titolo “Il mondo dei robot”, interpretato da Yul Brynner. È una storia che non lascia indifferenti, che fa pensare, che offre spunti di riflessione sulla natura umana e sul pericolo di un mondo dove la morale non esiste e ognuno può fare ciò che vuole. Proprio per questo è più adatta ai ragazzi più grandi, comunque maggiorenni, che opportunamente guidati possono avere la capacità critica di riflettere e di prendere le distanze da quello che vedono. Non è invece assolutamente proponibile sia per i contenuti che per le scene, ai ragazzi più piccoli. Il tutto si svolge infatti in un parco attrazioni del futuro, Delos, costruito nel deserto, sullo stile del Far West e popolato da centinaia di androidi, le “attrazioni”, uomini e animali, realizzati alla perfezione e capaci di interagire con i visitatori in modo del tutto naturale. Ogni abitante del parco, ogni attrazione appunto, è programmato per ripetere sempre la stessa azione, parte di una trama più complicata che lega tutte le attrazioni tra di loro, in un loop temporale senza fine. I visitatori interagiscono con le storie create a tavolino dai programmatori, sottoponendo gli androidi ai loro voleri e sfogando su di loro gli istinti più bassi che l’uomo riesca a immaginare. Niente pericoli per i visitatori, non possono essere uccisi mentre agli androidi è concesso dimenticare, quando una volta uccisi, la loro memoria verrà resettata come un hard disk del computer. Ma nel loro codice di programmazione esiste come un bug, qrcode westworlduna falla, qualcuno vi ha inserito una voce, un richiamo, la possibilità, che si sviluppa nel tempo, di ricordare ciò che hanno vissuto nelle vite precedenti e quindi tutto ciò che gli uomini hanno inferto loro. Vita dopo vita, esperienza dopo esperienza gli androidi cominciano quindi a ricordare pezzi della loro vita passata e perciò a prendere coscienza di essere creature “fabbricate” dall’uomo e perciò non veri esseri umani e soprattutto non liberi. In questo senso una prima riflessione che potrebbe essere oggetto di discussione in gruppo è proprio la differenza tra un Dio che ci ha creati liberi e l’uomo che invece assoggetta gli esseri che crea, ma anche gli stessi esseri viventi della terra, gli animali ad esempio, al suo bieco volere.

Il risultato è il mondo nel quale oggi ci troviamo a vivere dove la ricerca del benessere, dello sviluppo economico calpesta i diritti degli uomini e sconvolge gli equilibri della natura. Ma si possono anche aprire riflessioni per capire fino a dove l’uomo può arrivare nel creare nuove forme di vita o quanto la Scienza si può spingere in avanti soprattutto quando a guidarla non c’è un etica, ma solo il desiderio sconsiderato di progredire a tutti i costi o peggio ancora il profitto. Si potrebbe partire ad esempio facendo vedere la prima puntata della serie, nella quale ci sono già degli spunti anche a carattere religioso, come quando ad esempio il creatore del parco attrazioni, Ford, dice: …ovviamente, siamo riusciti a scioglierci dai lacci dell’evoluzione, no? Siamo in grado di curare ogni malattia, mantenere in vita anche il più debole fra noi, e… magari, un bel giorno… faremo resuscitare i morti. Richiameremo Lazzaro… dalla tomba. Sai cosa significa questo? Significa che abbiamo finito. Che non potremo fare meglio di così.

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Fino dove può arrivare l’uomo nel creare nuove forme di vita?

Ma tutta la serie contiene riferimenti più o meno espliciti alla sfera filosofico-religiosa fino a richiamare alla memoria le vecchie teorie sulla “mente bicamerale”, secondo la quale l’uomo della Bibbia che aveva le visioni di Dio in realtà parlava con se stesso o meglio con quella parte del proprio cervello che è alla base della schizofrenia.

A lui (ad Arnold co-creatore del parco attrazioni n.d.r. – è sempre Ford che parla) non interessava una parvenza d’intelletto o di facoltà mentali. Voleva creare la coscienza. La immaginava come una piramide. Memoria, improvvisazione interesse personale. E in cima? Non c’è mai arrivato. Ma aveva una vaga idea di cosa potesse essere, basata su una teoria della coscienza chiamata “la mente bicamerale”. L’idea secondo cui gli uomini primitivi credevano che i pensieri fossero la voce degli dei. Arnold aveva costruito una versione di quella cognizione, in cui le attrazioni sentivano la propria programmazione come un monologo interiore. Con la speranza che, col tempo la loro voce avrebbe preso il sopravvento. Voleva favorire la nascita della coscienza. Ma Arnold non aveva preso in considerazione due cose. Primo, in questo posto l’ultima cosa che vuoi è che le attrazioni siano coscienti. E secondo, l’altro gruppo, quello che considerava i propri pensieri la voce degli dei. I matti appunto.

C’è un altro aspetto importante poi che attraversa come un filo rosso tutta la narrazione. È quello del peccato legato ad un mondo “non reale”, pensiamo anche alla rete oggi, che fa emergere gli istinti più bassi e perversi dell’animo umano. La libertà che Dio ci ha dato senza una guida, senza l’amore che illumina ogni cosa, porta l’uomo a compiere le azioni più aberranti, sia che queste siano compiute nella vita reale sia che appartengano al mondo virtuale. La westworld-old_optriflessione finale dunque è che all’uomo non tutto è concesso, come invece afferma il sottotitolo della serie tv, che ad un certo punto occorre fermarsi, dire basta, cambiare strada appunto, “convertirsi”, per seguire un volere più alto che non è il nostro. Alla fine della serie lo spettatore non può che parteggiare per le attrazioni, soprattutto quando prendendo coscienza della loro situazione affermano che “…questi piaceri violenti finiscono in violenza…”, la violenza chiama violenza che è poi il cuore del messaggio cristiano nel quale Gesù rinuncia a questa logica e offre la sua vita per spezzare questa spirale che da sempre domina l’umanità.

TRA REALTÀ E FANTASCIENZA
Tra realtà e fantascienza la serie tv “Westworld” porta alla ribalta le domande fondamentali dei nostri giorni. Fino dove si può spingere l’uomo e la scienza a creare nuove forme di vita? Tutto è concesso oppure occorre fermarsi? Quanto conta la coscienza e la morale nelle azioni umane? La serie televisiva è molto più complessa di quanto si pensi e le immagini sono spesso troppo forti per un pubblico di adolescenti, ma può valere la pena guardarla se suscita spirito critico e invita a riflettere. 

 

Serie Tv Addicted?

x1-on-demand*di Luca Paolini*
C’è una importante novità nel panorama quotidiano pre-adolescenziale e adolescenziale degli ultimi due anni in Italia. L’arrivo della Serie Tv Mania che già oltreoceano imperversa da molto tempo. Mentre nel passato si potevano guardare le serie Tv scaricandole illegalmente dal web (e non tutti i ragazzi erano in gradi di farlo) oppure abbonandosi ad uno dei canali satellitari più diffusi, da ottobre dello scorso anno la mania delle serie Tv è esplosa grazie ad un nuovo cult, la Tv on demand via internet, per capirci i vari Netflix, Infinity Tv, Now tv ecc… La Tv commerciale ha trovato un nuovo mercato forse proprio nei giovani con scarse possibilità economiche e con gusti nuovi. Di fatto i costi ridotti di questi servizi (circa 8-9 euro al mese), la possibilità di vedere i diversi contenuti sui vari devices (TV, computer, tablet e smartphone), e la facilità di recesso con un solo click, hanno proprio facilitato il successo di questo nuova forma di televisione che è sicuramente più vicina al mondo giovanile e ai suoi linguaggi.

Le serie tv sembrano non finire mai ed i personaggi accompagnano i ragazzi per molto tempo

Come educatori non possiamo non interrogarci su un fenomeno nuovo, che forse va capito meglio e utilizzato laddove è possibile proprio ai fini educativi. Cominciamo con alcune considerazioni di carattere generale. I classici film costituivano e costituiscono ancora oggi, qualcosa che inizia e finisce, per certi versi il paradigma della vita di ogni uomo sulla terra. Il famoso “The End” dopo una bella e intensa visione di un film fa capire che tutto ha una fine e con questa fine (nel nostro paradigma la morte) bisogna prima o poi confrontarsi. Le serie Tv invece sono diverse: le serie Tv non finiscono, o meglio la loro fine è rimandata spesso molto avanti nel tempo, in alcuni casi forse non arriverà mai, perché la serie sarà interrotta dalla produzione per motivi di budget. Ma in generale si parla a volte anche di 10 o più stagioni e considerando che ogni stagione è composta da un numero variabile di episodi si può arrivare anche alla visione di 100 episodi di una sola serie.

E’ chiaro allora che i personaggi, le storie, i sentimenti che accompagnano la visione di una serie Tv accompagnano i ragazzi per un tempo spesso molto lungo, diventano parte della loro vita, delle loro giornate, del loro modo di pensare, delle loro opinioni. Ma non solo… A differenza dei film, anche di quelli che fanno parte di una saga, il tempo di attesa per vedere come andrà a finire, quel gusto di aspettare che significa educarsi alla pazienza, è ridotto al minimo. Le serie Tv sono spesso già pronte e gli episodi fruibili anche in rapida sequenza (la stessa Tv non appena finisce un episodio passa direttamente all’anteprima del nuovo). Potremmo definirlo il consumismo delle immagini e delle storie ma anche l’illusione dell’immortalità tipica del nostro mondo, che edulcora tutto e che somministrando dosi quotidiane di gioie effimere, impedisce di pensare alla finitezza e alla fragilità di quel vaso di creta, che è l’essere umano. Ma è da considerare anche il furto del tempo che viene sottratto allo studio, agli amici, alla famiglia, a Dio. E’ questo forse il pericolo se di pericolo si tratta, di questo nuovo fenomeno mediatico da non sottovalutare nella nostra azione educativa.

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La Bibbia continua: una delle serie più seguite (clicca sulla foto per vedere il trailer)

Si può parlare allora di dipendenza da Serie Tv? In molti casi si tratta di vera e propria dipendenza, sia per il tempo passato davanti allo schermo, sia per l’intensità e l’importanza che la serie Tv assume nella vita dell’adolescente. L’Educatore però non può assumere un atteggiamento censorio nei confronti di un fenomeno che è potente e molto trend. Il rischio è quello dell’incomunicabilità, della chiusura e quindi del fallimento dell’azione educativa stessa. Occorre a mio avviso cominciare a parlare con i ragazzi di quanto le serie Tv sono importanti nella loro vita, quanto tempo dedicano alla loro visione; che ruolo rivestono nei loro comportamenti, nel loro modo di pensare e di guardare a certe problematiche esistenziali, morali, le scelte e i comportamenti dei personaggi a loro cari. Si può anche decidere ad esempio di guardare insieme alcuni episodi di una serie Tv decisa dall’educatore stesso oppure dai ragazzi, per mettere in evidenza luci e ombre di questa nuova forma di comunicazione o viceversa utilizzare una di queste serie Tv per affrontare un determinato argomento. Nei prossimi numeri della rivista cercheremo di analizzare alcune di queste serie Tv per trovare spunti utili nel nostro lavoro con i ragazzi. Nel frattempo è bene cominciare a documentarsi per entrare in questo mondo con la saggezza e l’esperienza di persone adulte che hanno desiderio di capire e non di condannare. Anche qui la misericordia deve essere il faro che guida le nostre azioni.

DIPENDENZA?
Si può parlare di dipendenza da serie TV? in molti casi si, se non altro per il tempo trascorso da tanti giovani davanti allo schermo. Ma l’educatore non può assumere un atteggiamento censorio nei confronti di questo fenomeno, deve anzi cercare di capire che ruolo giochino questi programmi nella vita dei ragazzi e aiutarli a “leggere” le serie tv in modo intelligente e critico, magari proprio guardando qualche episodio insieme a loro.