Pregare oggi, in un tempo di dubbio

ruspiPregare non è scappare dalla realtà, non è disimpegno, non è alienazione dalla lotta… pregare è molto di più: è passione per l’uomo

La teologia della preghiera è però unita ad una pedagogia, alla preghiera che trova le sue radici nel cuore dell’uomo. È necessario pertanto che all’interno della Chiesa si giunga ad una vera e propria catechesi della preghiera; una catechesi da fare al pari passo con la catechesi sulla fede, in modo che il cristiano che crede, che conosce, sia anche uno che adora, che prega.

 

Itinerari per un dialogo con Dio

In tempo di dubbio: preghiera come ricerca. Oggi sembra che la spiegazione puramente razionale sia in grado di applicarsi a tutto: non solo al mondo fisico, ma anche ai fatti religiosi. Il pensiero moderno moltiplica i sistemi, in cui il fatto religioso è interpretato come un fenomeno psicologico legato all’infanzia dell’umanità… Esso dovrebbe gradualmente svanire e cedere il posto a costruzioni più positive in cui Dio dovrebbe essere escluso.

C’è da sperare che in noi, uomini di questo tempo, che spesso teniamo imprigionata la verità (Rom 1,18) e che proba­bilmente ci inganniamo, mentre andiamo in cerca di Dio (Sap 3,6), si rinnovi l’irruzione della Luce:

Mi sono lasciato ricercare da genti che non mi avevano rivolte domande; mi sono lasciato trovare da gente che non mi aveva cercato; ho detto ‘eccomi’ a un popolo che non aveva invocato il mio nome. Tutto il giorno ho teso le mie mani verso un popolo ribelle, che camminava per una strada non buona, seguendo i suoi pensieri…» (Is. 65,1-2).

Abbiamo bisogno di convincerci che «siamo lontani da noi stessi almeno quanto siamo lontani da Dio» (dott. Schweitzer): perché, anche appurata la nostra consistenza fisica e psicologica, non abbiamo ancora saputo nulla sul nostro significato.

L’uomo non ha significato senza Dio; né può stabilirsi un sistema di valori se manca il «centro di misura».

Soprattutto abbiamo bisogno, forse, di sperimentare che né lo sviluppo, né la tecnologia, in una accresciuta socialità e armo­nizzazione di interessi possono curare tutti i mali e farli scom­parire. La storia, nonostante la sua importanza, non può bastare a se stessa.

Ma quale preghiera in un tempo di dubbio e di negazione e di «assenza-morte» di Dio?

Non rimane che pregare di essere capaci di pregare» (Heschel), mettendosi alla ricerca dei diversi sentieri che sono percorsi durante le diverse esperienze della vita o nelle diverse fasi del proprio cammino umano.

 

pregarePreghiera come ritrovamento dell’uomo

Alla fine del XIX secolo la voce di Nietzsche intonò il classico ritornello «Dio è morto»; ciascuno comprese che la morte della divinità signifi­cava la liberazione e la deificazione dell’uomo. L’interrogativo che si impone a tutti noi oggi è: è Dio che è morto, o non piuttosto l’uomo?

Diceva Giovanni Paolo II: «L’uomo contemporaneo ha paura… Questa paura è giustificata. Non solo esistono possibilità di distruzione e di uccisione prima sconosciute, ma già oggi gli uomini uccidono abbondantemente altri uomini! Uccidono nelle abitazioni, negli uffici, nelle università. Gli uomini armati dalle moderne armi uccidono uomini indifesi ed innocenti. Incidenti del genere succedevano sempre, ma oggi questo è di­ventato un sistema. Se gli uomini affermano che bisogna ammaz­zare altri uomini al fine di cambiare e migliorare l’uomo e la società, allora dobbiamo domandare se, insieme con questo gigantesco progresso materiale, non siamo arrivati contemporanea­mente a cancellare proprio l’uomo, un Valore tanto fondamentale ed elementare! Non siamo arrivati già alla negazione di quel principio fondamentale ed elementare, che l’antico pensatore cri­stiano ha espresso con la frase: “Bisogna che l’uomo viva” ? (Ireneo).

Ma come pregare in un tempo nel quale l’uomo che ha fatto morire Dio, non trova neanche un freno decisivo per non am­mazzare l’uomo?

  1. Teofilo di Antiochia rispondeva ad un certo Antolico che chiedeva di svelargli il «Dio dei cristiani». «Prima che io ti faccia vedere il nostro Dio, fammi vedere il tuo uomo; dammi la prova che gli occhi della tua anima possano vedere e gli orecchi del tuo cuore possano intendere. Difatti possono vedere Dio solo quelli che hanno gli occhi dell’anima aperti».

La preghiera diviene un momento di contemplazione per ritrovare il grande Valore dell’uomo, per amare l’uomo «con verità», per capire chi è l’uomo con le energie del cuore, del­l’amore. Tale preghiera si fa contemplazione. La contemplazione è un bisogno dell’uomo: il bisogno appunto di fare unità, di mettere insieme e organizzare la realtà. Il suo opposto è la dispersione, la superficialità, la confusione.

 

Preghiera come «avere la parola».

La disponibilità alla parola di Dio, l’attento confronto con il messaggio biblico sono

la base indispensabile per entrare nella preghiera cristiana, che è essenzialmente: ascolto e risposta. Non si può certo credere che questo ascolto e questa risposta non siano altro che una resa incondizionata, una passiva recettività, quanto invece una autentica abilitazione ad un permanente dialogo con Dio e con la comunità.

Queste sono le condizioni per l’ ascolto della Parola:

  • l’accoglienza nella fede e con cuore aperto al rinnovamento;
  • il clima di interiorizzazione, per instaurare un dialogo personale.

La Parola di Dio si rende attuale, illumina le nostre situazioni e fa giungere a noi il suo messaggio, che non è una pura comunicazione di notizie, quanto un appello da parte di una Persona: Dio stesso. Egli esige una risposta, una scelta di campo, un impegno.

Tutta la vita è una liturgia di ascolto della Parola, perché ogni persona matura deve essere aperta e disponibile. capace di cogliere messaggi dalle cose, dagli avvenimenti, dalle situazioni, dalle persone. La selezione e la valutazione di questi messaggi è opera delicata: bisogna stabilire se sono significativi e validi per sé, se sono capaci di sostenere un impegno. E’ questo l’atteggiamento di fondo proposto, per un incontro con Gesù il Cristo. E’ un atteggiamento permanente nella vita cristiana.

Questa educazione al dialogo con Dio è sempre stato il compito di ogni educazione alla fede, di ogni itinerario di iniziazione alla vita cristiana.

  • Dio dona all’uomo la Sua Parola, perché comprenda il senso dell’azione divina nella storia.
  • L’uomo riceve e possiede la Parola di Dio, perché divenga una chiara consapevolezza e comprensione della sua fede; perché possa instaurare un quotidiano dialogo con Dio nella preghiera; perché riconosca i termini più pregnanti per un fruttuoso dialogo fraterno nella comunità di fede; ed infine per poter esprimere anche silenziosamente, la parola ineffabile di Dio al mondo, con la sua testimonianza di carità.

La Parola di Dio, il Cristo, è il fondamento della vita della Chiesa; è la fonte da cui scaturisce la nostra fede e la nostra vita «nuova».

Vittore_carpaccio,_san_giorgio_e_il_drago_01Preghiera come lotta e rappacificazione.

Non è possibile staccare la Parola di Dio dalla conversione; l’incontro con Dio dalla adorazione creaturale; la chiamata al Regno dal cambiamento di vita.

Questo intimo legame è però vissuto in una situazione di conflitto interiore. Ogni qual volta la Parola di Dio raggiunge l’uomo, si scatena una lotta, un dibattito inevitabile. Ma ogni qual volta la Parola di Dio entra nell’uomo, che l’accoglie, si ricompone la pace, si vive in una continua gioia. L’annuncio del Regno di Dio avviene nel segno della festa. La tristezza è bandita, per fare spazio alla gioia, alla speranza nella vita, alla novità che fa seguito alle vecchie situazioni di peccato e di egoismo.

Conversione non è un moto spontaneo del sentimento e del cuore. È un atto di volontà che segue all’ascolto della Parola e all’iniziativa gratuita che viene da Dio. E’ un atto di libertà, compiuto con lucida consapevolezza. E’ un atto veramente umano.

La Parola di Dio introduce a leggere l’intima commistione tra egoismo e vita dell’uomo. Svela il mistero di iniquità che rovina qualsiasi progetto di storia nuova.

La Parola di Dio manifesta come l’infedeltà nei confronti di Dio generi divisione, diffidenza, odio e morte.

La Parola di Dio chiama alla lotta contro il male, per ristabilire la comunione e la fraternità nella famiglia umana.

Preghiera come solidarietà e amore

«A che serve pregare? Mi sembra una ginnastica da camera di uomini, inzuppati di romanticismo decadente, che, invece di ag­gredire il mondo con le loro mani, non sanno far altro che minacciare che Dio farà saltare tutto per aria o promettere che, quando meno l’aspettiamo, Egli si prenderà cura dei nostri piani, in grazia delle loro litanie» (da un’inchiesta).

È degna di attenzione una Chiesa che invita a sofisticate ceri­monie nelle sue cattedrali, mentre nelle fabbriche si lavora ad orario continuo? (da un’inchiesta).

Molte testimonianze si potrebbero raccogliere quale segno della contestazione radicale mossa contro la preghiera, perché giudicata come un mezzo di fuga dalla prassi, come disimpegno. Essa è detta alienazione, uscita dalla prassi e dalla lotta, un togliere tempo al servizio.

Tali contestazioni ci richiamano ad una riflessione sulla autenticità della preghiera cristiana, che invece non ha nulla del disimpegno, ma è ancoramento totale alla vita, fino a di­ventare “passione per l’uomo”.

Essa è una continua intercessione, fino a coinvolgere la concretezza delle proprie scelte.

Di fronte al rifiuto giovanile di fronte ad una preghiera o ad una liturgia che sia quasi una parentesi nella vita, occorre saper  «Rimanere con Lui», che vuoi dire anche rimanere con i fratelli, con gli altri discepoli. Perché è appunto all’interno della comunità dei discepoli, nella fraternità condivisa che si realizza l’imitazione del Maestro e il comandamento di «lavarsi i piedi», legge del rapporto co­munitario.

  Walter Ruspi

Il problema del bene e del male e della loro eterna lotta  ha sempre interessato il pensiero umano, ed è sempre stato oggetto di faticose ricerche e appassionate discussioni. Fin dagli albori della civiltà umana ci si interroga soprattutto sull’origine e il significato del male nel mondo, se sia possibile dare un senso, una giustificazione all’esistenza del male o se essa sia casuale e gratuita.