Profilo pubblico o Profilo privato?

filo rossoChi siamo veramente? Non possiamo nasconderci dietro un profilo “fake”, ma renderci visibili per quello che siamo

Oggi sempre più frequentemente, per poter entrare in un social o per scaricare un’app, ci viene chiesto di “profilarci”, di indicare e comunicare chi siamo.  Ci viene chiesto di definire la nostra identità, il nostro profilo che possiamo rendere pubblico o mantenere privato.

Ma se dovessimo definire il nostro profilo di educatori cosa dovremmo scrivere? Quali aspetti dovremmo rendere pubblici, per una efficace testimonianza? Quali aspetti non possono mancare per la crescita della propria spiritualità nel “privato” del proprio cuore?

Per fare una sintesi e trovare il filo rosso di questo numero di Sentieri abbiamo provato a compilare le Informazioni che ci chiede Facebook; strumento con il quale possiamo perdere del tempo o attraverso il quale possiamo cogliere l’occasione per costruire o rinnovare relazioni (cfr. Facebook è solo tempo perso?).

Dobbiamo inizialmente offrire una Panoramica di chi siamo, l’educatore non può celarsi dietro un profilo “fake” ma deve rendere visibile un movimento: “andiamo verso gli altri perché Qualcuno è venuto verso di noi”, raccontandolo e mostrandolo con “l’orgoglio con cui si mostrano le Nike nuove”, come i giovani del progetto Dona cibo (cfr. Quando i ragazzi insegnano a te).

E l’andare verso gli altri, verso i ragazzi ed i giovani che ci hanno affidato, comporta un Lavoro da fare “attrezzati con pala e picco, come si faceva una volta”, scavando con delicatezza nel loro mondo e nella loro vita per aiutare ogni ragazzo a trovare il “tesoro nascosto nel campo del loro cuore”. Un compito ed un lavoro che non può essere fatto “secondo schemi prestabiliti”, non funzionano con gli adolescenti…non hanno funzionato neppure con noi alla loro età…ci vuole “lo sguardo del cuore” che ha degli ingredienti specifici (cfr. Io: che rebus).

Se poi dobbiamo dare qualche indicazione sulla nostra Istruzione allora dobbiamo necessariamente ripensare a qual è oggi e quale è stata la nostra conoscenza della figura di Gesù Cristo, quanto lo abbiamo incontrato, come presenza viva nella nostra vita, e quanto lo amiamo e lo abbiamo amato. Fine ultimo della pastorale giovanile è infatti “far sperimentare, conoscere e incontrare il mistero di una persona: Gesù Cristo” e siccome il “percorso della pastorale giovanile è educativo ed interpersonale” non possiamo portare nessuno là, dove non siamo mai stati (cfr. Educare nella fede per incontrare Gesù nella carne dei fratelli).

I Luoghi in cui hai vissuto per un educatore devono essere per eccellenza quello della preghiera e della contemplazione. Si, proprio un luogo, uno spazio che consente un incontro con quel Qualcuno che ci è venuto incontro per primo. “Questa educazione al dialogo con Dio è sempre stato il compito di ogni educazione alla fede, di ogni itinerario di iniziazione cristiana”. Luoghi e momenti particolari che segnano la storia di ogni giovane ed anche di ogni educatore, momenti che restano impressi in modo indelebile nella storia di ognuno di noi: un campo scuola, una confessione, un colloquio con il padre spirituale. Ma non possiamo rimanere ancorati alle nostalgie di quei momenti, la preghiera deve diventare “una continua intercessione, fino a coinvolgere la concretezza delle proprie scelte”, ed anche quando la fatica, il buio ed il silenzio di Dio si fanno pesanti “non rimane che pregare di essere capaci di pregare” (cfr La pedagogia della preghiera).

Tra le Informazioni di contatto e di base inevitabilmente inseriremo la della comunità e la necessaria capacità di collaborare e condividere programmi e progetti con altri settori della pastorale. Non può esistere una pastorale giovanile avulsa dalla comunità, che vive nel suo mondo, gestisce i suoi gruppi, ma non innesca collaborazioni e relazioni nella comunità. In molti casi queste forme di lavoro con altre realtà e collaborazioni, possono innescare sinergie educative insperate (cfr. Viene e Vedi – Diocesi di Arezzo)

Il compito educativo diventa quindi efficace solo se realizzato in una comunità, è questa forse la definizione che dovremmo mettere alla voce: Familiari e relazioni. Una comunità dove tutti si mettono in discussione, quando le esperienze non sono significative per i ragazzi e la pastorale giovanile fallisce, per diventare capaci di inventare nuove esperienze e percorsi, che consentono di creare relazioni per rendere familiari gli ambienti della parrocchia, così come accaduto nella Parrocchia di San Tommaso a Certaldo (cfr. Esperienza a Certaldo).

Una capacità di novità che non è data dalla fantasia di un funambolico parroco, ma da un “atteggiamento riflessivo” di una parrocchia che inizia a “farsi delle domande, costruisce delle ipotesi, si chiede le ragioni del perché dopo la cresima nessuna proposta riesca a coinvolgere i ragazzi, senza porsi con atteggiamento giudicante o moraleggiante”. E’ proprio vero che “pensando, interrogandosi reciprocamente, prima o poi le cose saltano fuori” (cfr. Riflettendo sul post cresima).

Allora alla voce Le tue informazioni (su di te/ altri nomi / citazioni preferite) filo rosso2inseriremo Odysseus. Perché porsi in un atteggiamento riflessivo richiede la continua “ricerca che mette a confronto ciò che aspettiamo da noi stessi, ciò che gli altri credono di noi e ciò che noi riusciamo, via via, a scoprire della chiamata di Dio”. Sapendo che questo viaggio verso Itaca, non ci “mette al riparo dalla sofferenza, dal dubbio, dal buio”, ma certamente ci farà incontrare isole incantate, amori divini, porti sempre nuovi (cfr. La ricerca di sé).

Ma solo un educatore capace di costruire “una propria identità personale intorno a Cristo” e che si pone in “una ricerca costante e progressiva per far coincidere il proprio cuore con il cuore di Dio” sarà capace di fare sintesi e di rispondere alla domanda: Essere o fare l’animatore? (cfr. Educare con il cuore di Dio); e questo avviene solo costruendo una robusta spiritualità, nel privato del proprio rapporto con Dio, che si traduce e rende manifesta in una significativa testimonianza pubblica, nel proprio vivere quotidiano.

Per fare l’animatore?Basta far coincidere il proprio cuore con quello di Dio!