GESÙ “RESPIRATO”
Gesù è entrato in me col latte di mia madre e col respiro della mia famiglia.
Il catechismo è stato dopo. La parrocchia è stata dopo. Anche i preti sono stati dopo. L’ho imparato come si apprende la lingua materna. Sillabando e ripetendo. Con i gridi affettuosi di quella comunicazione istintiva tra madre e bambino, che non sembra avere significato, eppure
possiede l’unico significato che resta indelebile nella vita: lo stupore dell’affetto e dell’amore. Oggi la fede non è più un “ambiente divino” che ci circonda e ci permea. Occorre che lo sappiamo e ne prendiamo atto, se vogliamo accostarci ai giovani e agli adolescenti col desiderio di far balenare davanti ai loro occhi e nelle corde del loro animo un Gesù, ormai sconosciuto alle loro tavolozze affettive ed esistenziali. Gesù sembra ormai desueto. Episodio obbligatorio di quella stagione poco simpatica della vita nella quale ci si sente costretti a sapere di Lui, ma non è necessario incontrare Lui. Diventando più grande ho trovato Gesù lungo i sentieri normali della vita di parrocchia, nel gruppo attraente, allora, come nessun’altra esperienza. Ho iniziato a smarrirlo successivamente, in contesti educativi che avevano il compito di insegnarmelo, ma dimenticavano che Gesù non si insegna. Si vive. Si testimonia. Si diffonde per contagio. Lievita nel cuore fino a suscitare attrattiva e desiderio. Cosa poteva importarmi di un Gesù degli obblighi e dei divieti, delle paure e delle nevrosi. Non impiegò infatti molto ad entrare in crisi come un personaggio scostante e fastidioso.
Ero troppo critico per accettarlo con le sue improponibili ricette. Un Gesù così non l’avrei scelto nemmeno per necessità di sopravvivenza.
Eppure vivevo la vita di seminario. C’è voluto un incontro che ha messo a soqquadro la mia esistenza inquieta di adolescente. Incontentabile. Borbottone come un vecchio. Un misto di affetti e di divieti. Un cuore libero e allo stesso tempo ancora condizionato dalle proibizioni: Non devi, non si fa, è peccato, non va bene, Gesù ti punisce. Notti di crisi a vuoto, per nulla. Crisi senza amore né passione.
Crisi da allontanarsi come il vento dalla possibilità di un incontro con una persona che mi era sembrata ed era meravigliosa,
soltanto nel linguaggio di mia madre. Gli altri linguaggi erano inquinati, scontati, professionali, luoghi comuni abbastanza invecchiati.
Quale è stato l’incontro che mi ha scombinato la pace e la tranquillità di una salvezza dovuta, visto che ero ritenuto, comunque,
un bravo ragazzo? Un padre gesuita, mia guida durante gli anni della più turbolenta delle adolescenze, combattuta tra il desiderio dirompente della trasgressione e il rigore incorruttibile del super-io, severo e fortissimo. Tirannico.
Sembrava che mi leggesse nell’anima. Sembrava che vedesse in me stoffa e vestito cucito addosso.
“Tu senti Gesù. Senti che è nella tua vita. Tu puoi seguire Gesù. Non lo hai fatto, fino a questo momento, per paura, perché temi di buttarti, perché non conosci la bellezza del rischio. Perché non ti rendi conto di quanto sia facile buttare al vento la vita”. Vedevo passare davanti ai miei occhi tanti miei coetanei, che, già allora, senza aspettare i “tempi moderni”, sprecavano il bello e il bene che era dentro di essi.
Chi dice che oggi gli adolescenti e i giovani sono diversi ha ragione per una piccola parte. In realtà come sono gli adolescenti e i giovani? Generosi: se li buttate nella mischia nessuno sa fare cose più grandi di loro. Sono radicali: se prendono un impegno lo portano fino in fondo, costi quel che costi. Son aperti alle relazioni o chiusi in un guscio di esclusività. Amano le bizzarrie, anche pericolose, del gruppo e le intimità di una relazione di coppia acerba. Amano male, impacciati e smarriti. Con un corpo ingombrante che non sa dove collocare mani, bocca, piedi, istinti, sentimenti. Si attorcigliano l’uno con l’altro perché pensano che amare sia una sorta di confusione di corpi senza controllo: un gioco a quel che viene e a quel che si prova. Questi adolescenti e questi giovani, che noi abbiamo deluso e abbandonato a se stessi, ai quali abbiamo fatto tante promesse e sui quali abbiamo scritto tanti libri, sentono il bisogno di Dio. Aspettano Gesù. Credo che, senza saperlo, vogliono che passi per la loro strada e li chiami per nome. Dove si è nascosto, però, l’educatore in grado di spezzare loro il pane della Bella notizia, grondante di gioia e di credibilità?
A questi adolescenti e a questi giovani meravigliosi e scomodi voglio dire, come educatore: “Ragazzi, il Vangelo che cercate è un libro di domande. Accettate la scommessa dell’inquietudine e del mettervi in discussione. Gesù che cercate ha interrogativi da proporvi, non per provocarvi, ma per scuotervi e far uscire da voi il meglio che siete”. Iniziamo l’avventura.
GESÙ UNO SCOMODO DA CERCARE
Se vai a cercare risposte nel Vangelo, trovi prevalentemente domande. omande poste da Gesù stesso. Provocatoriamente? Può darsi. Il fatto è che pone domande. A me ne ha poste tante. Molte volte ho fatto finta di non sentirle, come chi non vuole avere fastidi. Ho rimandato. Ho recalcitrato. Ho fatto una strada contorta e impervia. Ho rifiutato aiuti che non mi aiutavano nella ricerca del Signore. Una di queste domande è, tuttavia, risuonata nel mio cuore con un’insistenza che mi innervosiva e che, in fondo, mi faceva anche piacere. Era questa: “Chi cerchi?”. Non cercavo nessuno. E Gesù insisteva: “Chi cerchi?”. La mia guida viene a sapere che avveniva questo e un giorno mi dice: “Che cosa ti costa dirgli che stai cercando Lui, che lo senti nel tuo silenzio”.
E viene il giorno nel quale mi fermo in un misto di tremore e di gioia: “Gesù, dove abiti?”. Mi invita a stare con Lui. Nel subbuglio del cuore. Perplesso e incerto. Combattuto come un cavallo ribelle. Da allora non l’ho perso più di vista. Smarrito tante volte. Cercato sempre negli orizzonti delle mie pazzie e delle mie intemperanze. Dei miei pentimenti per averlo seguito, degli innamoramenti ogni volta che lo ho ritrovato. Tu senti Gesù passare per la tua strada, giocare d’azzardo puntando sulla tua vita, chiamarti e insistere nella chiamata. Insistere nella chiamata fino a sembrarti insolente e inopportuno. Sono sicuro che in molte ore delle tue notti, sballato dal non senso della tua giornata, ti sei intrattenuto con quel Gesù sconosciuto e gli hai parlato. Talvolta sei rimasto senza sapere con chi. Eppure era proprio Lui.
Gesù che da senso alla tua giovinezza altrimenti incompiuta, senza scopo, senza ideali, senza gioia. Un giorno devi metterti alla ricerca. Gesù ti vede camminare dietro di Lui e ti chiede se stai cercando proprio Lui. Se stai al gioco entri in confidenza, subito desideri saperne di più. Gesù non ti dà il recapito o il numero di cellulare. Ti chiama a fare esperienza con Lui. Resterai affascinato e stupito. Poi di corsa andrai a raccontare ad altri. Un incontro speciale non può rimanere relegato negli scrigni segreti. Occorre narrarlo. Ricordati che tutto inizia in questo modo. Se non lo incontri non riuscirai mai a sentirne il “sapore”. Io ne ho provato il “sapore”
GESÙ NON PUÒ FARTI PAURA
Quando lo hai sentito, forse hai provato esitazione a prenderlo sul serio. Noi davanti a Gesù siamo quelli che tergiversano, finché non ne rimaniamo conquistati. Non a caso Lui ci dice, con una sottile voce di sofferenza: “Perché avete tanta paura? Non avete ancora fede? (Mc 4, 40). Questa domanda è preceduta da una domanda da parte nostra naufraghi desiderosi di vita nel mezzo di una tempesta furibonda. Non sappiamo come uscirne. Temiamo di andare a fondo da un momento all’altro. Sei solo, nel silenzio della tua notte e del tuo baratro. Allora non ti vergogni di gridare: “Gesù, non t’importa nulla che muoia?”. Gesù dorme tranquillo nella barca. Ti mette alla prova. Mette alla prova la tua fiducia. Gridi per svegliarlo. Gesù si veglia. Sgrida il vento delle tue inquietudini senza soluzione. Mette a tacere la tempesta che ti imprigiona senza uscita e riporta la calma nel tuo cuore che sembra incapace di amare, di sentire le presenze. Un cuore al quale tutto viene a noia quando
si trova con se stesso. Mentre sembra spavaldo quando nasconde le sue fragilità nella bolgia del gruppo.
Gesù ti ama. Perciò non si risparmia la domanda: “Perché sei pauroso? Non hai ancora fede?”.
Amico adolescente, amica giovane. Rifletti. Che non sia proprio la tua paura a non farti incontrare Gesù? Forse temi l’impegno. Non te la senti perché non hai il coraggio di cambiare vita. Ti sembra troppo difficile seguirlo. Hai smarrito la tua fede? Senti la tua fede? O la tua fede non è stata mai così robusta da darti forza per amare Gesù e sceglierlo? Perché gli sto tanto a cuore? Cosa vede in me da sentire il bisogno di cercarmi, di parlarmi e di scegliermi? Fermati a riflettere su queste tue urgenze dell’anima. Se ci pensi, Gesù attraversa la tua vita. Se sperimenti burrasche di ogni tipo: solitudine, scoraggiamento, disamore alla vita, disperazione per la mancanza di attenzioni e di affetti, assenza di prospettive per il futuro, Gesù non ti butta via come un inutile oggetto di inciampo. Sperimenta nella calma, nel silenzio e nella solitudine che sembrano schiacciarti, il suo abbraccio, il suo sguardo, la sua preferenza.
CHI TOCCA IL MANTELLO DI GESÙ?
Chi ha toccato il mio mantello? (Mc 5, 30)
Se lo cerchi lo senti. Se sembra distratto, tocca ugualmente il suo mantello. Da Lui esce un’energia, una forza, una sicurezza che ti risulteranno altrettante risposte nelle tue incertezze di oggi e forse di domani. Prova a toccare il suo mantello. Nessuno se ne accorge. Poi senti che Gesù ti cerca guardandosi attorno: “Sei tu che mi hai toccato il mantello?”. Avrai paura di riconoscere la tua “debolezza”. Resti tremante e timoroso. Ti aspetti chissà quali parole di rimprovero. Invece fai la scoperta della tua vita. Quel Gesù che cerchi ti parla direttamente, in mezzo alla folla, come se ci fossi soltanto tu: “Amico mio, la tua fede ti ha salvato. Va’ in pace. Da questo momento potrai trovarti in qualsiasi difficoltà; sarai sempre guarito dal tuo male”.
E’ proprio il Gesù che cercavo. Che tu sia Michele o Giovanna gioca la tua vita per quello che vale. Il giorno nel quale, alla tua età, ho rischiato la carta Gesù, la mia vita è rimasta piena di limiti, di peccati, di contraddizioni. Eppure mi sono sentito diverso. Non ero più solo. Non mi sono sentito smarrito. Si era scatenata in me un’altra vita che mi permetteva di amare, di essere ragazzo o ragazza normale e speciale. Gioioso/a. Nuovo/a. Ritrovavo tutta la mia ricchezza, tutti i doni. Ritrovavo me stesso/a e sentivo che volevo donarmi anche agli altri.