Westworld – Dove tutto è concesso

Westworld-banner_opt*di Luca Paolini*
“Westworld – Dove tutto è concesso” è la nuova serie TV lanciata in autunno dalla statunitense HBO, la stessa che ha prodotto il popolarissimo “Trono di Spade”, e che forse ci accompagnerà con diverse stagioni fino al 2020. È una serie sulla quale è stato investito molto in termini anche di attori, un magistrale Anthony Hopkins è infatti il personaggio chiave di tutta la narrazione. La storia in realtà non è altro che un remake di un vecchio film di fantascienza uscito nel 1973 dal titolo “Il mondo dei robot”, interpretato da Yul Brynner. È una storia che non lascia indifferenti, che fa pensare, che offre spunti di riflessione sulla natura umana e sul pericolo di un mondo dove la morale non esiste e ognuno può fare ciò che vuole. Proprio per questo è più adatta ai ragazzi più grandi, comunque maggiorenni, che opportunamente guidati possono avere la capacità critica di riflettere e di prendere le distanze da quello che vedono. Non è invece assolutamente proponibile sia per i contenuti che per le scene, ai ragazzi più piccoli. Il tutto si svolge infatti in un parco attrazioni del futuro, Delos, costruito nel deserto, sullo stile del Far West e popolato da centinaia di androidi, le “attrazioni”, uomini e animali, realizzati alla perfezione e capaci di interagire con i visitatori in modo del tutto naturale. Ogni abitante del parco, ogni attrazione appunto, è programmato per ripetere sempre la stessa azione, parte di una trama più complicata che lega tutte le attrazioni tra di loro, in un loop temporale senza fine. I visitatori interagiscono con le storie create a tavolino dai programmatori, sottoponendo gli androidi ai loro voleri e sfogando su di loro gli istinti più bassi che l’uomo riesca a immaginare. Niente pericoli per i visitatori, non possono essere uccisi mentre agli androidi è concesso dimenticare, quando una volta uccisi, la loro memoria verrà resettata come un hard disk del computer. Ma nel loro codice di programmazione esiste come un bug, qrcode westworlduna falla, qualcuno vi ha inserito una voce, un richiamo, la possibilità, che si sviluppa nel tempo, di ricordare ciò che hanno vissuto nelle vite precedenti e quindi tutto ciò che gli uomini hanno inferto loro. Vita dopo vita, esperienza dopo esperienza gli androidi cominciano quindi a ricordare pezzi della loro vita passata e perciò a prendere coscienza di essere creature “fabbricate” dall’uomo e perciò non veri esseri umani e soprattutto non liberi. In questo senso una prima riflessione che potrebbe essere oggetto di discussione in gruppo è proprio la differenza tra un Dio che ci ha creati liberi e l’uomo che invece assoggetta gli esseri che crea, ma anche gli stessi esseri viventi della terra, gli animali ad esempio, al suo bieco volere.

Il risultato è il mondo nel quale oggi ci troviamo a vivere dove la ricerca del benessere, dello sviluppo economico calpesta i diritti degli uomini e sconvolge gli equilibri della natura. Ma si possono anche aprire riflessioni per capire fino a dove l’uomo può arrivare nel creare nuove forme di vita o quanto la Scienza si può spingere in avanti soprattutto quando a guidarla non c’è un etica, ma solo il desiderio sconsiderato di progredire a tutti i costi o peggio ancora il profitto. Si potrebbe partire ad esempio facendo vedere la prima puntata della serie, nella quale ci sono già degli spunti anche a carattere religioso, come quando ad esempio il creatore del parco attrazioni, Ford, dice: …ovviamente, siamo riusciti a scioglierci dai lacci dell’evoluzione, no? Siamo in grado di curare ogni malattia, mantenere in vita anche il più debole fra noi, e… magari, un bel giorno… faremo resuscitare i morti. Richiameremo Lazzaro… dalla tomba. Sai cosa significa questo? Significa che abbiamo finito. Che non potremo fare meglio di così.

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Fino dove può arrivare l’uomo nel creare nuove forme di vita?

Ma tutta la serie contiene riferimenti più o meno espliciti alla sfera filosofico-religiosa fino a richiamare alla memoria le vecchie teorie sulla “mente bicamerale”, secondo la quale l’uomo della Bibbia che aveva le visioni di Dio in realtà parlava con se stesso o meglio con quella parte del proprio cervello che è alla base della schizofrenia.

A lui (ad Arnold co-creatore del parco attrazioni n.d.r. – è sempre Ford che parla) non interessava una parvenza d’intelletto o di facoltà mentali. Voleva creare la coscienza. La immaginava come una piramide. Memoria, improvvisazione interesse personale. E in cima? Non c’è mai arrivato. Ma aveva una vaga idea di cosa potesse essere, basata su una teoria della coscienza chiamata “la mente bicamerale”. L’idea secondo cui gli uomini primitivi credevano che i pensieri fossero la voce degli dei. Arnold aveva costruito una versione di quella cognizione, in cui le attrazioni sentivano la propria programmazione come un monologo interiore. Con la speranza che, col tempo la loro voce avrebbe preso il sopravvento. Voleva favorire la nascita della coscienza. Ma Arnold non aveva preso in considerazione due cose. Primo, in questo posto l’ultima cosa che vuoi è che le attrazioni siano coscienti. E secondo, l’altro gruppo, quello che considerava i propri pensieri la voce degli dei. I matti appunto.

C’è un altro aspetto importante poi che attraversa come un filo rosso tutta la narrazione. È quello del peccato legato ad un mondo “non reale”, pensiamo anche alla rete oggi, che fa emergere gli istinti più bassi e perversi dell’animo umano. La libertà che Dio ci ha dato senza una guida, senza l’amore che illumina ogni cosa, porta l’uomo a compiere le azioni più aberranti, sia che queste siano compiute nella vita reale sia che appartengano al mondo virtuale. La westworld-old_optriflessione finale dunque è che all’uomo non tutto è concesso, come invece afferma il sottotitolo della serie tv, che ad un certo punto occorre fermarsi, dire basta, cambiare strada appunto, “convertirsi”, per seguire un volere più alto che non è il nostro. Alla fine della serie lo spettatore non può che parteggiare per le attrazioni, soprattutto quando prendendo coscienza della loro situazione affermano che “…questi piaceri violenti finiscono in violenza…”, la violenza chiama violenza che è poi il cuore del messaggio cristiano nel quale Gesù rinuncia a questa logica e offre la sua vita per spezzare questa spirale che da sempre domina l’umanità.

TRA REALTÀ E FANTASCIENZA
Tra realtà e fantascienza la serie tv “Westworld” porta alla ribalta le domande fondamentali dei nostri giorni. Fino dove si può spingere l’uomo e la scienza a creare nuove forme di vita? Tutto è concesso oppure occorre fermarsi? Quanto conta la coscienza e la morale nelle azioni umane? La serie televisiva è molto più complessa di quanto si pensi e le immagini sono spesso troppo forti per un pubblico di adolescenti, ma può valere la pena guardarla se suscita spirito critico e invita a riflettere. 

 

Serie Tv Addicted?

x1-on-demand*di Luca Paolini*
C’è una importante novità nel panorama quotidiano pre-adolescenziale e adolescenziale degli ultimi due anni in Italia. L’arrivo della Serie Tv Mania che già oltreoceano imperversa da molto tempo. Mentre nel passato si potevano guardare le serie Tv scaricandole illegalmente dal web (e non tutti i ragazzi erano in gradi di farlo) oppure abbonandosi ad uno dei canali satellitari più diffusi, da ottobre dello scorso anno la mania delle serie Tv è esplosa grazie ad un nuovo cult, la Tv on demand via internet, per capirci i vari Netflix, Infinity Tv, Now tv ecc… La Tv commerciale ha trovato un nuovo mercato forse proprio nei giovani con scarse possibilità economiche e con gusti nuovi. Di fatto i costi ridotti di questi servizi (circa 8-9 euro al mese), la possibilità di vedere i diversi contenuti sui vari devices (TV, computer, tablet e smartphone), e la facilità di recesso con un solo click, hanno proprio facilitato il successo di questo nuova forma di televisione che è sicuramente più vicina al mondo giovanile e ai suoi linguaggi.

Le serie tv sembrano non finire mai ed i personaggi accompagnano i ragazzi per molto tempo

Come educatori non possiamo non interrogarci su un fenomeno nuovo, che forse va capito meglio e utilizzato laddove è possibile proprio ai fini educativi. Cominciamo con alcune considerazioni di carattere generale. I classici film costituivano e costituiscono ancora oggi, qualcosa che inizia e finisce, per certi versi il paradigma della vita di ogni uomo sulla terra. Il famoso “The End” dopo una bella e intensa visione di un film fa capire che tutto ha una fine e con questa fine (nel nostro paradigma la morte) bisogna prima o poi confrontarsi. Le serie Tv invece sono diverse: le serie Tv non finiscono, o meglio la loro fine è rimandata spesso molto avanti nel tempo, in alcuni casi forse non arriverà mai, perché la serie sarà interrotta dalla produzione per motivi di budget. Ma in generale si parla a volte anche di 10 o più stagioni e considerando che ogni stagione è composta da un numero variabile di episodi si può arrivare anche alla visione di 100 episodi di una sola serie.

E’ chiaro allora che i personaggi, le storie, i sentimenti che accompagnano la visione di una serie Tv accompagnano i ragazzi per un tempo spesso molto lungo, diventano parte della loro vita, delle loro giornate, del loro modo di pensare, delle loro opinioni. Ma non solo… A differenza dei film, anche di quelli che fanno parte di una saga, il tempo di attesa per vedere come andrà a finire, quel gusto di aspettare che significa educarsi alla pazienza, è ridotto al minimo. Le serie Tv sono spesso già pronte e gli episodi fruibili anche in rapida sequenza (la stessa Tv non appena finisce un episodio passa direttamente all’anteprima del nuovo). Potremmo definirlo il consumismo delle immagini e delle storie ma anche l’illusione dell’immortalità tipica del nostro mondo, che edulcora tutto e che somministrando dosi quotidiane di gioie effimere, impedisce di pensare alla finitezza e alla fragilità di quel vaso di creta, che è l’essere umano. Ma è da considerare anche il furto del tempo che viene sottratto allo studio, agli amici, alla famiglia, a Dio. E’ questo forse il pericolo se di pericolo si tratta, di questo nuovo fenomeno mediatico da non sottovalutare nella nostra azione educativa.

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La Bibbia continua: una delle serie più seguite (clicca sulla foto per vedere il trailer)

Si può parlare allora di dipendenza da Serie Tv? In molti casi si tratta di vera e propria dipendenza, sia per il tempo passato davanti allo schermo, sia per l’intensità e l’importanza che la serie Tv assume nella vita dell’adolescente. L’Educatore però non può assumere un atteggiamento censorio nei confronti di un fenomeno che è potente e molto trend. Il rischio è quello dell’incomunicabilità, della chiusura e quindi del fallimento dell’azione educativa stessa. Occorre a mio avviso cominciare a parlare con i ragazzi di quanto le serie Tv sono importanti nella loro vita, quanto tempo dedicano alla loro visione; che ruolo rivestono nei loro comportamenti, nel loro modo di pensare e di guardare a certe problematiche esistenziali, morali, le scelte e i comportamenti dei personaggi a loro cari. Si può anche decidere ad esempio di guardare insieme alcuni episodi di una serie Tv decisa dall’educatore stesso oppure dai ragazzi, per mettere in evidenza luci e ombre di questa nuova forma di comunicazione o viceversa utilizzare una di queste serie Tv per affrontare un determinato argomento. Nei prossimi numeri della rivista cercheremo di analizzare alcune di queste serie Tv per trovare spunti utili nel nostro lavoro con i ragazzi. Nel frattempo è bene cominciare a documentarsi per entrare in questo mondo con la saggezza e l’esperienza di persone adulte che hanno desiderio di capire e non di condannare. Anche qui la misericordia deve essere il faro che guida le nostre azioni.

DIPENDENZA?
Si può parlare di dipendenza da serie TV? in molti casi si, se non altro per il tempo trascorso da tanti giovani davanti allo schermo. Ma l’educatore non può assumere un atteggiamento censorio nei confronti di questo fenomeno, deve anzi cercare di capire che ruolo giochino questi programmi nella vita dei ragazzi e aiutarli a “leggere” le serie tv in modo intelligente e critico, magari proprio guardando qualche episodio insieme a loro.