La Parola: Ascolto e Risposta

messa-mescovo*di don Walter Ruspi*
Dio parla agli uomini come amici e s’intrattiene con essi per invitarli e ammetterli alla comunione con Sé (Dei Verbum 2).
Ai riti d’introduzione della celebrazione segue la liturgia della parola, caratterizzata dall’ascolto delle letture bibliche intervallate dalla risposta della comunità celebrante con il salmo responsoriale.
Anche se nella chiesa, da sempre, la parola ha occupato un posto rilevante, si deve al Vaticano II la sua riscoperta e la sua rimessa a fondamento del rito cristiano: «Massima è l’importanza della Sacra Scrittura nella celebrazione liturgica. Da essa si attingono le letture da spiegare poi nell’omelia e i salmi da cantare; del suo afflato e del suo
spirito sono permeate le preci, le orazioni e gli inni liturgici. Perciò per promuovere la riforma, il progresso e l’adattamento della Sacra Liturgia, è necessario che venga favorita quella soave e viva conoscenza della Sacra
Scrittura che è attestata dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali»
(Sacrosanctum Concilium, 24).
Questa soave conoscenza è pienamente guidata dall’ascolto che il popolo d’Israele ne fece ammaestrato dalla preghiera dei Salmi.

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1 Beato chi è integro nella sua via
e cammina nella legge del Signore.
2 Beato chi custodisce i suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.
3 Non commette certo ingiustizie
e cammina nelle sue vie.
4 Tu hai promulgato i tuoi precetti
perché siano osservati interamente.
5 Siano stabili le mie vie
nel custodire i tuoi decreti.
7 Ti loderò con cuore sincero,
quando avrò appreso i tuoi giusti giudizi.
8 Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai.

La beatitudine dell’ascolto si fonda sulla stessa esperienza della Parola proclamata: è Dio che parla e mediante la parola si rivela «agli uomini come amici e si intrattiene con essi per invitarli e ammetterli alla comunione con Sé» (Dei Verbum 2). Di questa parola la bibbia è il racconto, tramandato e proclamato pubblicamente nella liturgia.
La parola di Dio trasforma il mondo da caos in cosmos, un mondo «sette volte buono», compiuto e perfetto, come vuole il racconto della Genesi fin dall’inizio delle sue pagine.

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Dio e l’uomo: una storia d’amore, dove l’uomo si sente bisognoso di Dio e va alla sua ricerca, perché Dio stesso ricerca continuamente l’uomo

La parola di Dio riguarda l’uomo, che si scopre come colui che sta di fronte a Dio, che gli parla e che, parlandogli,
ne fa il suo partner al quale si confida, si rivolge come amico, comunica la sua volontà ed inizia con lui una storia d’amore, dove l’uomo si sente bisognoso di Dio e va alla sua ricerca, perché Dio stesso ricerca continuamente l’uomo.
La parola di Dio si fa dialogo d’amore, Dio parla all’uomo e ne attende la risposta: instaura un rapporto di relazione interpersonale, quello dell’amore che accade tra Dio e l’uomo e tra l’uomo e l’altro uomo. S’instaura l’armonia dell’amore. La bibbia è racconto dell’amore e la Chiesa ha sempre consideratoe considera le Divine Scritture come
la regola suprema della propria fede; esse infatti, ispirate come sono da Dio e redatte una volta per sempre, impartiscono immutabilmente la parola di Dio stesso e fanno risuonare, nelle parole dei profeti e degli Apostoli, la voce dello Spirito Santo» (Dei Verbum 21).
La bibbia è racconto della filialità, dove, come in una famiglia, si proviene tutti dallo stesso padre, e della fraternità, dove si gode della stessa dignità non perché uguali (i fratelli sono diversi per età, per simpatia, per intelligenza e per bontà!) o dotati delle stesse possibilità (un fratello resta tale anche se disabile e incapace di intendere e di volere), ma perché dentro lo stesso spazio d’amore che è donato e che, donandosi, chiama alla ridonarsi.

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Nell’evento liturgico, nell’oggi della celebrazione, la salvezza si fa presente qui e ora

Salmo 78, 1-7
Ascolta, popolo mio, la mia legge,
porgi l’orecchio alle parole della mia
bocca.
2 Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.
3 Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato
4 non lo terremo nascosto ai nostri
figli,
raccontando alla generazione futura
le azioni gloriose e potenti del Signore
e le meraviglie che egli ha compiuto.
5 Ha stabilito un insegnamento in Giacobbe,
ha posto una legge in Israele,
che ha comandato ai nostri padri
di far conoscere ai loro figli.

Il Vaticano II ci educa a questo ascolto reciproco, a questo dialogo familiare mettendo al centro la persona di Gesù, che ci introduce in tutta la storia della famiglia di Dio. «Nella celebrazione liturgica la parola di Dio non viene proclamata in un solo modo, né raggiunge sempre con la medesima efficacia il cuore di coloro che sono in ascolto: sempre però nella sua parola è presente Cristo, che

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Questo sentiero: la fatica della preghiera e l’alfabeto dei salmi ci guiderà ad accogliere la ricchezza dei segni liturgici e a farne una fonte di vita e di fraternità.

attuando il suo mistero di salvezza, santifica gli uomini e
presta al Padre un culto perfetto» (OLM, 4).
Tale centralità è espressa con la categoria teologica della “presenza” di Cristo nella sua Parola, categoria da leggersi nel contesto più ampio dell’intera celebrazione e delle varie modalità di questa “presenza”. Essa, oltre a sottolineare l’importanza del momento celebrativo della proclamazione della Parola di Dio, richiama la profonda unità tra azione sacramentale e liturgia della Parola che non è semplicemente una narrazione di ciò che è avvenuto nel passato, ma
è annuncio-spiegazione di ciò che avviene oggi. Infatti «Nella Parola di Dio si annunzia la divina alleanza, mentre nell’Eucaristia si rinnova l’alleanza stessa, nuova ed eterna. Lì la storia della salvezza viene rievocata nel suono delle parole, qui la stessa storia viene ripresentata nei segni sacramentali della liturgia» (OLM, 10).
Nell’evento liturgico, nell’oggi della celebrazione, la salvezza si fa presente qui e ora: «I molteplici tesori dell’unica Parola di Dio si manifestano mirabilmente nelle varie celebrazioni, come pure nelle diverse assemblee di fedeli che
a esse partecipano, sia quando si rievoca nel suo ciclico ritorno annuale il mistero di Cristo, sia quando si celebrano
i Sacramenti e i sacramentali della Chiesa, sia quando i singoli fedeli rispondono all’intima azione dello Spirito Santo. Allora infatti la stessa celebrazione liturgica, che poggia fondamentalmente sulla Parola di Dio e da essa prende forza, diventa un nuovo evento e arricchisce la parola stessa di una nuova interpretazione e di una nuova efficacia. Così la Chiesa segue fedelmente nella liturgia quel modo di leggere e di interpretare le sacre Scritture, a cui ricorse Cristo stesso, che a partire dall’«oggi» del suo evento esorta a scrutare tutte le Scritture» (OLM, 3).
Ciò può avvenire in virtù dell’azione dello Spirito Santo, misterioso e grande protagonista dell’azione liturgica:«Perché la Parola di Dio operi davvero nei cuori ciò che fa risuonare negli orecchi, si richiede l’azione dello Spirito Santo; sotto la sua ispirazione e con il suo aiuto la Parola di Dio diventa fondamento dell’azione liturgica,
e norma e sostegno di tutta la vita. L’azione dello Spirito Santo non solo previene, accompagna e prosegue immediatamente tutta l’azione liturgica, ma a ciascuno suggerisce nel cuore tutto ciò che nella proclamazione della Parola di Dio viene detto per l’intera assemblea dei fedeli, e mentre rinsalda l’unità di tutti, favorisce anche la diversità dei carismi e ne valorizza la molteplice azione» (OLM, 9).
Ciò non significa solo che la proclamazione della Parola di Dio non è un momento meramente preparatorio alla celebrazione sacramentale, ma principalmente che la lettura delle sacre Scritture nella liturgia inserisce le stesse in un nuovo contesto vitale, da cui scaturisce per esse una nuova vitalità ed attualità e, per la Chiesa, un’occasione di crescita nella conoscenza della storia della salvezza e soprattutto nell’attivo inserimento in questa storia.

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