LA COMUNICAZIONE AL TEMPO DEL COVID-19

*di Dario Caturegli*

È innegabile che al tempo del covid-19 la comunicazione più usuale tra persone sia cambiata e ridotta: minori spostamenti tra città e
regioni e soprattutto minore e diversa interazione tra umani: anche terminato il lockdown, abbiamo ancora limiti numerici negli assembramenti; ma soprattutto è stato sconvolto il sistema, il codice delle relazioni comunicative. Si parla di codice nel senso che da millenni gli uomini hanno usato delle modalità condivise per esprimere se stessi, per aggiungere alla parola altri elementi che ne chiarissero e articolassero il messaggio.
In tal senso, come insegna Jakobson e la Scuola di Palo Alto, è evidente che certi scopi della comunicazione (per esempio impartire ordini) debba essere sottolineata, oltre che dal messaggio verbale, anche dal tono della voce e dall’espressione. Anzi, questi, risultano essere ancora più importanti delle parole, se è vero che il 70% della comunicazione si basa su elementi non verbali: il tono della voce, la mimica, i gesti, gli odori.

Importanza rilevante riveste anche la prossemica (che studia il significato che lo spazio assume nelle interazioni comunicative). Pensiamo che pregnanza comunicativa assume, per esempio in ambito scolastico, parlare dall’alto dalla pedana di una cattedra o girare nei banchi avvicinandosi a ciascun alunno. Il codice prossemico, nel primo caso, con la distanza spaziale docente-alunno, chiarisce, pur in assenza di parole, che c’è una sola autorità, che è distante e superiore agli alunni, con i quali si instaura una relazione formale e gerarchica (la pedana pone il docente ‘più alto’ rispetto al piano degli alunni). Nel secondo caso la distanza è ridotta, il docente che passeggia tra i banchi, è alla stessa altezza degli alunni, li incontra con distanze minime. Il messaggio è evidente: non c’è volontà di separazione ma piuttosto di interscambio comunicativo ed educativo; tra docente e discente sarà quindi più facile una forma di collaborazione e di maggior attenzione alla persona. Il codice della distanza spaziale (la prossemica), ovviamente, lo ritroviamo
anche in altri contesti comunicativi. In chiesa, per esempio, un conto (e un messaggio) sono i fedeli allineati nelle panche e un altro
quando si chiamano i bambini intorno all’altare. Ma questo codice è onnipresente soprattutto nelle relazioni quotidiane tra umani. E
quanta importanza hanno (avevano..) la stretta di mano, il colpo sulla spalla, un finto pugno nello stomaco, uno sguardo ammiccante o perplesso, un abbraccio; così come tirare le orecchie per il compleanno, prendere in collo un bambino, baciare come amici o parlare sommesso sfiorando l’orecchio della persona con cui abbiamo e cui esprimiamo la nostra intimità!

Non dobbiamo stupirci, pertanto, se le relazioni distanziate, imposte dalla profilassi covid, ci lasciamo disorientati, impoveriti, con un senso di incompiutezza: per millenni abbiamo usato un codice tattile e prossemico per esprimere le emozioni e i sentimenti, che ora viene impedito. È un po’ come se dovessimo esprimerci verbalmente all’improvviso con il solo uso delle consonanti, o senza punteggiatura: insomma con un codice ridotto e maldestro!
Certo, qualcuno penserà, esistono i social, ed essi non hanno restrizioni; possiamo anzi moltiplicare il loro uso, accompagnarlo con messaggi vocali, inserire emoticon, video… ma non riusciremo a ricostruire l’intensità e la ricchezza della relazione concreta e vicina.
E allora? Non possiamo certo sovvertire le regole di prudenza della pandemia in nome della ricchezza della comunicazione. Ma possiamo
sviluppare due attitudini, che se anche apparentemente opposte, si integrano perfettamente: imparare a stare con noi stessi (da soli) e valorizzare ogni momento di incontro con l’altro. Il primo atteggiamento non risponde ad una vocazione eremitale di fuga dal mondo, ma al coraggio di trovare (non rifuggire) del tempo per sé, vedersi nel nostro intimo così come siamo senza infingimenti. Potremmo forse scoprirci meno belli della nostra immagine sociale, ma per questo potremmo maturare una senso di maggiore umiltà, potremmo fare una viaggio di accettazione di sé (una volta avuto il tempo di scoprire eventuali ‘brutture’ interiori) per finire con l’accettare con più pazienza anche gli altri con i loro limiti; potremmo acquisire l’idea che ciascuno, in ogni età ha necessità di un itinerario di maturazione e purificazione. Ma dovremmo, infine, dopo le varie forme di distanziamento dagli altri, riscoprirci di più come animali sociali, cioè uomini che vivono in pienezza solo nelle relazioni umane. E non si tratta, dell’affermazione un po’ stucchevole (perdonatemi!) che “insieme possiamo farcela” ma della ricoperta dell’incontro con l’altro. Che è sempre un mistero da conoscere, che è sempre un dono da scoprire, che è una realtà così ricca complessa e sfuggente da dover essere colta con tutto l’ascolto possibile, con tutta l’attenzione possibile. Quella che si ha negli incontri irripetibili, come sono, appunto, tutti gli incontri tra uomini.

INSTAGRAM, TIKTOK E NOI?
*di Luca Paolini*
Quali sono i social del momento? Dove passano il loro tempo i nostri ragazzi? Quali mondi culturali li stanno influenzando nella rete? Senza ombra di dubbio il social del momento è sicuramente TikTok, che un tempo si chiamava Musical.ly, una app che appartiene alla tanto discussa ByteDance. Questa società cinese recentemente è stata infatti accusata dal governo americano di violare i dati personali degli utenti e di consegnarli al governo cinese; un’accusa pesante che potrebbe portare all’oscuramento del social, almeno negli USA. Ma TikTok di cui parleremo più avanti, non è l’unico riferimento per le giovani generazioni, almeno tra i ragazzi più grandi resiste ancora Instagram, mentre ormai Facebook è rimasto luogo di incontro quasi esclusivamente per gli adulti. Ma vediamo come funzionano e quali opportunità possono offrirci questi social. Instagram che appartiene a Mark Zuckerberg fondatore di Facebook, nasce come un social di condivisione di foto, ma con il tempo si sono aggiunte altre funzioni, le Stories, i video e recentemente gli Instagram reels, video di breve durata (al massimo 15 secondi), nei quali si possono aggiungere effetti particolari, una nuova funzione creata per contrastare l’avanzata impetuosa di TikTok. Tutte le foto e i video possono essere ovviamente commentati e condivisi. Inoltre su Instagram si possono creare gruppi di persone alle quali inviare direttamente e più velocemente i post pubblicati, un modo che i giovani amano per restare in contatto con i loro amici al di là dei gruppi di Whatsapp.
Con Instagram si comincia a parlare di Influencers, persone che hanno milioni di followers e che veicolano messaggi pubblicitari mirati, ovviamente in cambio di lauti guadagni, una delle più famose e più seguite in rete è sicuramente Chiara Ferragni, moglie del rapper Fedez. Ma anche Instagram seppure conti oltre 1 miliardo di utenti, appare ormai ai giovanissimi fruitori di TikTok, perlopiù statico e limitato: primo perché i video di TikTok rispetto a quelli di Instagram Reels durano fino a 60 secondi e poi perché il nuovo social ha introdotto delle funzionalità interattive nei suoi video (oltre ai tantissimi e divertentissimi effetti e le possibilità di customizzarli).
Per esempio su TikTok si possono fare i duetti, cioè inserire in un unico filmato, i propri video accanto a quelli realizzati in precedenza da
altri, in questo modo utenti sconosciuti si collegano a Tiktokers famosi e molto seguiti, nella speranza di “raccattare” più followers. Infatti uno degli obiettivi di chi comincia a fare video su TikTok o fare post su Instagram (e questo sta irretendo milioni di adolescenti), è proprio l’ottenere migliaia di “mi piace” e di visualizzazioni per i propri video e le proprie immagini, in modo da monetizzare (a volte anche consistentemente), il proprio stare sui social. Ecco allora un primo suggerimento per coloro che vogliono utilizzare queste app in diocesi o in parrocchia, per comunicare con i giovani facendo foto e video: svincolarsi decisamente dalla logica dei likes e dei followers, per mostrare invece un modo di stare in rete che guarda più ai contenuti che non al successo e al guadagno facile.
Ma Tiktok ha un’altra grande criticità, forse più di altri social, mette in piazza non il meglio ma più spesso il peggio, della società di oggi.
Non parlo solo dei commenti al vetriolo che si leggono nella piccola nuvoletta in basso a destra dei video, ma anche di cosa viene prodotto dai Tiktokers più famosi, spesso il niente assoluto, ma se piace o non piace, viene comunque premiato dalle visualizzazioni. Diventare Influencer alla fine non è difficilissimo, basta mettersi in bella mostra con i propri video, e se a farlo sono persone con disturbi mentali, o con problemi fisici, saranno sicuramente offesi, derisi o compatiti, ma otterranno comunque una quantità di like e visualizzazioni tali da far impallidire anche il giornalista più bravo. Quando un utente raggiunge più di 1.000 followers, anche se non ha niente da dire, acquisisce la possibilità di fare una “Live”, una diretta, per incontrare in tempo reale i propri fans e chattare con loro, magari condividendo momenti insignificanti della propria vita: quando fa colazione, quando gira per strada, quando lavora, persino mentre è alla guida (TikTok purtroppo non censura questo tipo di video pericolosissimi), l’importante è essere visti e considerati dal proprio pubblico. Instagram, TikTok, social dunque da evitare? Sicuramente da conoscere, da frequentare per aiutare i nostri adolescenti a non cadere nella trappola del successo a tutti i costi, anche a rischio di perdere la propria dignità. In ogni caso con i nostri ragazzi possiamo partire da alcuni esempi positivi di sacerdoti, suore, semplici credenti che sono presenti su TikTok con i loro video, brevi, anche divertenti, ma portatori di un messaggio diverso.

Ne posso citare alcuni:
@donrobertofiscer
@takeawayjesus
@mauro_don
@donalbertoravagnani
@kramercameronlc
L’importante è sempre accompagnare i ragazzi in questo mondo scivoloso, mostrando loro pregi e difetti, esempi positivi e negativi, facendo nascere in loro uno spirito critico che potrebbe preservarli dal fare sciocchezze e stupidaggini. Per chi decide poi di diventare un educatore- tiktoker, facendo video e postando foto, ci vorrà tanta pazienza ed esercizio, ma è importante essere presenti in questa nuova piazza virtuale, per fare in modo che nello scorrere compulsivamente tanti video banali e superficiali con il solo movimento del pollice, qualcuno si fermi a guardarne uno che invece porti a pensare, a riflettere, a meditare, a trascendere l’attimo presente per gettare lo sguardo su un “Oltre” sconosciuto.