*di Igino Lanforti*
In questo anno che è passato nella nostra diocesi (Massa Carrara-Pontremoli) abbiamo assistito a momenti significativi. Mi riferisco alle tragedie nelle cave e alla morte improvvisa di alcuni giovani studenti per incidenti stradali o malattie. Questi ultimi casi mi hanno toccato direttamente perchè si è trattato anche di miei alunni. Tutti quelli che come me hanno vissuto questi momenti, hanno visto funzioni religiose con folle che le chiese non riuscivano a contenere. Mi ha colpito in particolare vedere giovani che hanno partecipato alla Liturgia come spaesati. Da una parte desiderosi di parteciparvi, dall’altra assolutamente impreparati a questi momenti così destabilizzanti. Quasi sempre gli amici hanno voluto salutare i morti dicendo alcune parole dall’ambone. Momenti certo toccanti, che mi hanno fatto riflettere. Ormai non citano più il Vangelo, ma canzoni di Mengoni o Emis Killa.. Eppure, non sono così lontani, vogliono essere qui, nella Chiesa, accanto ai loro cari defunti, ma anche non lontani da quel Dio che sembra averli così dolorosamente colpiti.
Mi sono messo nei panni di quei ragazzi e chiedermi cosa volessero…
A questi ragazzi basterebbe così poco… così tanto: un po’ di ascolto, un po’ di attenzione, il mettersi in sintonia con i loro linguaggi, con i loro modi di essere.
Questi giovani quasi si sarebbero accontentati di semplice ricordo, mera consolazione di chi non c’è più. Per questo don Luca, in una di queste celebrazioni, ha dovuto ricordare loro che il ricordo non basta, che l’offerta cristiana è infinitamente più alta, che va oltre quel così poco che sarebbe loro bastato.
E non se ne sono andati….
Questi ragazzi splendidi, così fragili, così scossi, che nelle panche delle nostre chiese ormai non vediamo più se non in queste tristissime occasioni, sono ancora li, non se ne sono andati definitivamente, non si sono fermati a constatare la nostra autoreferenzialità, la nostra indifferenza, la nostra accidia, non si sono fermati ai campanelli delle canoniche suonati a vuoto all’ora della pennichella pomeridiana, o ai nostri troppi impegni che gli hanno tolto ogni spazio proprio quando magari trovano il coraggio di venirci a cercare, non si sono fermati alle frasi inopportune scritte sui social, ne hanno pensato che tutta la chiesa fosse come quella che si vede alle “Iene” ma ancora sperano in Dio, sperano nella Chiesa, non chiedono altro che di essere cercati, accolti, svegliati, rinfrancati.
Cosa altro ancora aspettiamo per rialzare la testa?
“ io sono l’acqua viva”
Alcuni di loro spesso sostano sugli scalini delle chiese con bottiglie di birra in mano, quasi vogliano provocatoriamente chiederci quale sia la bevanda che può veramente dissetarli. A noi infastidiscono e invece Gesù si sarebbe fermato con loro a parlare delle loro inquietudini, e magari da dar loro qualche carezza, noi invece magari siamo capaci solo di commenti che dovrebbero farci vergognare.
Questa situazione ci interpella
Questi fatti mi turbano profondamente, sia come educatore, che come padre, che come semplice cristiano. Mi sono spesso chiesto se non sia il caso di chiedere perdono a Dio! Perdono per per la mia indifferenza, per la mia incapacità, perdono a tutti voi ragazzi che ci guardate e non vedete più la luce di quel Signore in cui splende la Vita e che anch’io ho offuscato.
Presto, siamo ancora in tempo, non perdiamoci nelle solite chiacchiere. Mettiamo al centro il nostro obiettivo: la persona! E quando dico questo intendo dire le famiglie, i giovani, con le loro storie, la loro vita!
Scuotiamoci dal nostro torpore, accettiamo la sfida del tempo presente! Scendiamo dalle nostre convinzioni e sporchiamoci le mani con i dubbi degli altri.
Forse, potrebbero essere proprio quei dubbi, a scrostare le nostre facciate, a farci riscoprire, insieme alla fragilità altrui, anche la nostra.
Forse solo allora potremo realmente metterci in cammino insieme a loro e sperimentare la meraviglia di SENTIERI che allontanano un po’ di più da noi stessi, ma avvicinano certamente a Dio.