*di Giulia Sarti* Bastano tre lettere per darsi uno stile di vita. Nella diocesi di Livorno la T, la A e la U, sono quelle scelte da ventisei ragazzi tra i 20 e i 30 anni di diverse parrocchie che attraverso la musica provano a raggiungere anche quei giovani più lontani dalla realtà ecclesiale.
Nato col nome “Rockettari di Cristo” nel 2011, oggi il gruppo dei TAU è conosciuto un po’ da tutti in diocesi. Era stata la GMG di Madrid a metterli insieme, spontaneamente senza decisioni a tavolino. Quel nome li ha accompagnati fino al 2014, anni durante i quali hanno animato diverse celebrazioni e feste diocesane.
Poi l’entusiasmo di papa Francesco, il suo amore verso i giovani, ha coinvolto anche loro tanto da portarli a un rinnovamento personale e come gruppo, un cambiamento di consapevolezza e priorità, raccontano. E, come scrivono sulla loro pagina Facebook, per rendere ancora più marcata l’adesione al Vangelo, hanno deciso di affidarsi a un simbolo tanto caro al Santo a cui anche il Papa si era voluto ispirare, che ricordasse l’impegno di vita nella sequela di Cristo.
Il TAU dicono, era anche stato il simbolo che il Vescovo della diocesi livornese, Simone Giusti, aveva regalato loro a uno dei primi concerti. Da lui e da alcuni diaconi e sacerdoti il gruppo in questi anni si è sempre sentito sostenuto e incoraggiato.
Coro a quattro voci, tastiera, chitarra elettrica e acustica, batteria e percussioni hanno dato vita al loro spettacolo d’esordio, “Dottore che sintomi ha la felicità”, scritto dopo uno scambio di testimonianze tra i membri del gruppo che avevano vissuto esperienze di diverso tipo, chi con il volontariato in Africa, chi con l’estate insieme a Libera, chi con momenti forti vissuti in ambienti di varia spiritualità.
Due le canzoni scritte e musicate al termine di questo percorso, tante le letture scelte che aiutassero il pubblico a una personale riflessione sulle Beatitudini e la propria ricerca della felicità. Un genere particolare di serata, un concerto-spettacolo in preghiera. Un mix di musica, canto, ballo e recitazione, nel quale ogni membro trovasse il suo spazio, impegnato in quello che sa fare meglio.
Un modo “giovane” per cercare di trasmettere un messaggio che accomuna tutti i ragazzi della loro età, spiegano.
A distanza di poco più di un anno per loro è poi arrivato il momento di un nuovo spettacolo, replicato in questi mesi in diverse parrocchie cittadine. “Trova la tua chiave” è pensato per riflettere sulla ricerca di Dio nella propria vita, attraverso quattro tappe a simboleggiare il cammino che ogni cristiano compie nel suo rapporto con Dio. “Ama e dillo con la vita”, un nuovo inedito in questo secondo lavoro interamente pensato e prodotto dal gruppo, con canti e letture scritte sulla base di testi biblici ed omelie di Papi accompagnate da brani del Vangelo, il tutto legato insieme da alcuni momenti di recitazione per “leggere” in modo diverso il disegno di Dio su ciascuno.
Ma i TAU non sono solo testimoni del Vangelo con la musica, le offerte raccolte durante tanti dei loro spettacoli sono servite per contribuire a diverse opere di solidarietà, oltre che per il proprio autofinanziamento.
Passo dopo passo il gruppo dei TAU cerca di farsi strada tra i giovani soprattutto i più lontani…che possa un giorno incidere un CD inedito come ha suggerito il loro Vescovo?
LEZIONI DI BEL CANTO
di Maria-Chiara Michelini
Leggendo l’esperienza dei TAU e guardando le loro foto, coloratissime e festose si pensa istintivamente: “Bello!”.
Bello il senso di quest’esperienza, bello l’impatto visivo, bella la storia, bello il percorso riflessivo, bello il messaggio, gli obiettivi e le modalità, belli i temi e le circolarità virtuose create attorno al nucleo centrale della proposta, bella la contaminazione di linguaggi. Bello.
Davanti alla bellezza di una proposta si genera un senso di grata evidenza e la liberatoria sensazione che, di una cosa del genere, ce ne fosse bisogno. La musica da sempre è un linguaggio di grande potenza e fascino. Per i giovani si aggiunge una cifra generazionale positiva, con valenza identitaria, carica di significati. L’idea di valorizzare questo canale privilegiato dalle giovani generazioni per esprimere e comunicare con loro i valori del vangelo, è sicuramente un’idea vincente. Riemerge, insomma, il tema delle forme del dialogo con i giovani, soprattutto quelli più lontani dalla realtà ecclesiale. Le forme rappresentano, certamente un primo passo nella direzione della comprensione, intesa come farsi prossimo, andando verso le esigenze e i linguaggi delle persone che conosciamo poco. Come abbiamo già avuto modo di dire per altre esperienze, questo primo passo non è però sufficiente. Neppure per spiegare il “successo” dei TAU. Non si tratta solo di confezionare un bel prodotto, appetibile e piacevole per raggiungere e coinvolgere i giovani “lontani”. Credo che i TAU lo abbiano capito e che, in ogni caso, siano impegnati in questa direzione.