di padre Francesco Gusmeroli*
Non è la stessa cosa parlare di carità o vederla all’opera, come non è la stessa cosa parlare del Vangelo o incontrarlo nella concretezza della
vita. Le cose più belle, quelle di cui ti innamori e appassioni, hanno sempre a che fare con un’esperienza vissuta in prima persona.
La Caritas diocesana da anni propone percorsi che possano avvicinare le nuove generazioni alle esperienze di carità della diocesi, offrendo
una formazione mirata, arricchita da esperienze concrete di servizio nei luoghi in cui questo viene svolto quotidianamente, allo scopo di
suscitare una trasformazione della mente, del cuore e delle mani nei giovani partecipanti.
I ragazzi sono invitati a partecipare a una serie di incontri che confluiscono poi nella visita a un’opera di carità, possibilmente facendo anche
servizio. Gli incontri seguono il metodo laboratoriale che prevede:
1. fase espressiva: partire dalla vita. La prima tappa consiste nel mettersi
in gioco, dando spazio alla vita dei ragazzi, alle sue esperienze, conoscenze e precomprensioni sul tema.
2. fase analitica: ascoltare una novità. È la fase dell’approfondimento tematico che parte dalle precomprensioni del gruppo per orientarle
o correggerle. È il momento di dar voce ai formatori.
3. fase riappropriativa: interiorizzare il messaggio. In questa fase, le conoscenze vengono collocate nel proprio bagaglio del sapere, i
nuovi criteri divengono stimoli a nuove idee, le esperienze vissute entrano a far parte del proprio modo di sentire e percepire.
Come ogni metodo, anche questo è legato ad una precisa idea di persona, di formazione e di Chiesa: la persona è vista come un essere in
divenire, ricco di esperienza, capace di elaborazione e di apprendimenti, portatore di doni.
La formazione è intesa quindi come una trasformazione che si innesta in ciò che ciascuno è per ridisegnare il suo modo stesso di percepire la
realtà. Colui che si forma è coinvolto attivamente nel processo di crescita.
All’interno del gruppo si sperimenta una Chiesa che è luogo di scambio delle ricchezze di ciascuno per la crescita di tutti. Nel rispetto
delle competenze e dei ruoli di ognuno, si instaura una collaborazione che rende protagonisti tutti.
Il percorso finora più richiesto è stato “Povero è chi non ama”, sviluppato in 2 incontri più la visita al Villaggio della Carità, prevede:
1. Fase espressiva: Riflettiamo con i ragazzi sulle povertà presenti nel nostro territorio a partire dal loro punto di vista, cercando di identificare quali siano le cause di tali povertà attraverso la realizzazione di un disegno che rappresenti l’albero delle povertà di oggi, con
l’indicazione delle cause della povertà alle radici e i frutti della povertà sui rami.
2. Fase analitica: Presentazione dei dati reali ricavati dal rapporto delle povertà e introduzione di quelle che sono le reali cause della povertà
nel nostro territorio. Spiegazione del Centro di Ascolto e dello stile della Caritas nell’intervento a favore dei più disagiati, i valori di
riferimento, la spiritualità.
3. Fase riappropriativa: con i ragazzi interveniamo sull’albero delle povertà, andando ad inserire atteggiamenti, proposte, idee, per rispondere con efficacia alle sfide della nostra società.
Al termine degli incontri, la visita al Villaggio della Carità rappresenta l’opportunità per vedere con i propri occhi, toccare con mano, attraverso l’incontro con gli operatori e i volontari, visitando gli uffici e scoprendo il cuore della Caritas, lì dove parte l’impulso che sostiene i numerosi servizi, più di 30 sul nostro territorio. Per poter fare bisogna prima imparare ad essere, questo il messaggio, questa la proposta per chi si avvicina a questa realtà, luogo di promozione, educazione e servizio.